Svolta sul femminicidio, arresto in flagranza per i violenti in famiglia

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ROMA — Tre obiettivi: prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime. «Non è soltanto un segno — ha detto il premier Enrico Letta — ma un cambiamento radicale». La violenza sulle donne è un «fenomeno di particolare allarme sociale». Come è detto chiaramente nell’intestazione del decreto legge — in 12 articoli — approvato dal Consiglio dei ministri, che introduce norme importanti e attese come l’arresto obbligatorio in flagranza di maltrattamenti in famiglia, la irreversibilità della querela e l’allontanamento da casa dei violenti. «Una serie di norme che hanno lo scopo di intervenire tempestivamente prima, di proteggere la vittima, di punire il colpevole e di agire perché la catena persecutoria non diventi femminicidio», per il titolare del Viminale Angelino Alfano.
Il testo, che faceva tutt’uno con il decreto svuotacarceri (ieri convertito in legge con il voto del Senato) in giugno era stato stralciato perché era necessario un approfondimento. Un nuovo passaggio, che ha consentito di introdurre dei piccoli miglioramenti, come l’aggravante al reato di violenza sessuale estesa ai partner o ex partner non conviventi e alcune tutele per le vittime durante il processo.
Il decreto agisce a diversi livelli, sul piano delle sanzioni ma anche della prevenzione, e in questa direzione va l’«ammonimento» del questore allo stalker. Estende poi i reati, e inasprisce le pene di un terzo quando ai maltrattamenti in famiglia assistono i minori di 18 anni (prima erano 14), e se la vittima di violenza sessuale è una donna incinta. I post imbarazzanti su Facebook, le mail di minacce, i messaggi insistenti, di cui sono vittime soprattutto gli adolescenti, vengono riconosciuti come atti persecutori e puniti severamente. Il decreto interviene sul «cyberbullismo» aggiungendo ai casi di aggravanti previsti dall’articolo 612 bis, sullo stalking, il fatto «commesso attraverso strumenti informatici o telematici». Così come l’aggravante viene contestata anche nei casi di stalking commessi dal coniuge.
Sono stabilite una serie di tutele come l’«irreversibilità della querela», già prevista nella violenza sessuale, per mettere la vittima della persecuzione al riparo da ulteriori pressioni. Secondo la Guardasigilli Annamaria Cancellieri è questa una delle misure più incisive: «In passato si è visto che spesso le donne rinunciavano per difendere i figli».
Alla polizia viene data la possibilità di «buttare fuori di casa il coniuge violento, se c’è un rischio per l’integrità fisica della donna», ha detto ancora Alfano. Questo perché «le molestie e gli atti persecutori sono il presupposto di reati più gravi», fino all’omicidio. Nei casi di gravi indizi di violenza domestica o di minaccia grave da parte dell’ex, le forze dell’ordine potranno chiedere al magistrato che all’autore sia vietato avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla sua vittima. Verrà inoltre tutelata, in tutto il successivo iter processuale, l’identità di chi ha assistito a violenze in famiglia e le segnala alla polizia.
Ai processi per femminicidio viene garantita una corsia preferenziale ed è stato introdotto il gratuito patrocinio per le vittime di violenza, a prescindere dal reddito. Infine per portare all’emersione le violenze nelle comunità straniere, sarà concesso il permesso di soggiorno a chi le subisce e le denuncia.
Il decreto riscuote un coro unanime di apprezzamenti. Con la presidente della Camera, Laura Boldrini, che lo definisce la prova «della crescente consapevolezza nella politica e nell’opinione pubblica della violenza sulle donne». «Finalmente una buona notizia», dice la leader della Cgil Susanna Camusso, che ora chiede di «rendere operative le decisioni assunte». «Le violenze sulle donne», per Isabella Rauti, consigliera del ministro dell’Interno, «sono una malattia sociale da affrontare come responsabilità condivisa».
Melania Di Giacomo


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