E il M5S si divide sul “grillismo bigotto”

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ROMA — Alla fine tentano di dire che il problema è WhatsApp, con le sue risposte troppo immediate (le conversazioni tra eletti a 5 stelle nelle ultime settimane sono finite in scintille). E poi i soliti giornalisti, che travisano tutto e, guarda caso, se vedono in diretta streaming i senatori mettere nero su bianco, come uno dei problemi di cui parlare, «il grillismo che con la sua rigidità diventa bigottismo», pensano sia una notizia. Ci fanno un titolo. Battono le agenzie.
La riunione della resa dei conti era stata organizzata per cercare di placare gli animi, per non dare in pasto all’opinione pubblica l’immagine di uno scontro fratricida tra chi pensa che abbia ragione Grillo (si torni subito a votare, vadano tutti a casa e porcellum sia), e chi dice – come ancora ieri Luis Orellana – che con quella legge alle elezioni non si può tornare, e che di un Letta bis bisogna parlare tutti insieme. Così, a Vito Crimi
ed Elena Bulgarelli – in vacanza dalle stesse parti in Sardegna era venuta in mente un’idea di “problem solving”: «Dividiamoci in gruppi di 6, 6 senatori ciascuno, i dispari tracceranno la cronologia di quel che è successo, i pari tireranno fuori liste di problemi». Poi bisognerà riunirsi ancora, mettere insieme gli elenchi, ma prima di tutto giù a distribuire cartoncini («che colore di pennarello vuoi?») e scene che perfino gli uomini della comunicazione riuniti in quelle ore alla Casaleggio Associati – saltano sulla sedia. A Milano si narra di un Gianroberto Casaleggio furioso per la figura da “dilettanti”, di un Grillo altrettanto basito davanti alla diretta streaming che pure era stata caldeggiata – dai falchi – per stanare chi non intende seguire alla lettera “il progetto”, chi si sente già “onorevole” e non “portavoce”. Alla fine, si cerca consolazione nella reazione della rete («Alcuni parlano di prova di democrazia»), ma si conclude – alla Nanni Moretti – «con questi senatori non vinceremo mai. Le tecniche di selezione, al prossimo giro, dovranno cambiare».
Intanto, a Roma, l’esperimento si trasforma in autogol: invece di isolare il dissenso, la divisione in gruppi ha il potere di moltiplicarlo. In tutti i cartoncini che diligentemente i senatori vanno a leggere tra i problemi vengono fuori «I post di Grillo» o – per dirla con Enza Blundo (che poi in finale di riunione se la prenderà con i giornalisti che travisano) – «il grillismo quando si configura con una rigidità paragonabile al bigottismo che impedisce di capirsi ». E ancora: «L’aggressività, sia verbale che scritta». E infine, per bocca dell’ultraortodossa Paola Taverna (autrice della poesia in romanesco antidissidenti): «Un problema con la Comunicazione scelta dallo staff».
È lo stesso Claudio Messora, che sa bene di essere messo sotto accusa, a twittare ironico il link dello streaming aggiungendo: «Non potete perdervelo». A quel punto il capogruppo Nicola Morra è furioso. Alla proposta della Bulgarelli di tracciare gli argomenti e rimandare a oggi la discussione dice no, appoggiato da Laura Bottici. Si comincia a parlare.
Stefano Lucidi pone il «problema non risolto sul ruolo della comunicazione » e parla di «poca trasparenza nella gestione economica del gruppo», concludendo: «Non abbiamo ben capito chi determinerà nei prossimi mesi la linea politica». Endrizzi torna a chiedere a gran voce il portale per interagire con la base. Sara Paglini vuole chiarezza su cosa intende fare il gruppo in caso di caduta del governo. Ma è soprattutto il walzer dei falchi: Morra invita a non parlare con la stampa e dice che «gli errori non possono più essere tollerati». Vito Crimi ribadisce che la linea è solo e soltanto «tutti a casa », Alberto Airola sostiene che qualsiasi ipotesi di governo a 5 stelle si infrangerebbe contro Napolitano e contro il Pd, mentre per Laura Bottici il portale interessa fino a un certo punto, perché «se la Rete chiede alleanze, allora la Rete non ha capito». Infine Barbara Lezzi: «Dico ai colleghi che vanno a sfogarsi con i giornalisti: andatevene a casa anche voi, state danneggiando il Movimento. Il linguaggio di Grillo è quello che ci ha portati fino a qui». Secondo round stamattina. La parola spetta alle colombe, se non sono ancora volate via.


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