Fed non taglia gli aiuti, la Borsa vola

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NEW YORK — Le Federal Reserve americana (Fed) ha sorpreso ancora gli investitori e il mondo dell’economia, ieri. Al contrario di quanto la grande maggioranza degli economisti si aspettava, la Banca centrale non ha iniziato a ridurre il suo programma di acquisto di titoli sui mercati, cioè non ha dato il via alla riduzione progressiva delle operazioni di stimolo dell’economia. Segno che i banchieri centrali riuniti a Washington ritengono che le condizioni affinché l’economia sia in grado di crescere da sola, senza misure straordinarie di politica monetaria, non sono ancora in essere. La decisione, spiegata poi dal presidente della Fed Ben Bernanke, ha avuto riflessi immediati sui mercati e altri ne avrà oggi e nei prossimi giorni: la Borsa è salita, il dollaro è sceso.
Al momento, nel programma definito di Quantitative Easing 3 , la Fed compra ogni mese sul mercato 40 miliardi di titoli garantiti da mutui e 45 miliardi di titoli dello Stato. Per ora, dunque, andrà avanti così. Si tratta di un’operazione decisa per rispondere alla crisi: un modo per immettere liquidità nel sistema una volta che i tassi d’interesse ufficiali sono sostanzialmente a zero. Una novità elaborata da Bernanke per la straordinarietà della crisi e per questo definita politica monetaria «non convenzionale». Il problema è che queste operazioni interferiscono con l’andamento dei mercati: lo stesso presidente della Fed vuole farli terminare appena possibile, cioè quando l’economia americana saprà crescere e creare posti di lavoro senza bisogno di stimoli.
La fine, per quanto progressiva e lenta, dell’immissione di liquidità — processo definito tapering , di riduzione graduale a zero — è però destinata a creare onde alte ovunque. Quando a maggio Bernanke l’ha annunciata — solo annunciata, senza tempistica — i tassi d’interesse di mercato americani hanno iniziato ad aumentare e notevoli flussi di capitale globali hanno cominciato a spostarsi, verso i T-bond e fuori da molti Paesi emergenti, che sono entrati in difficoltà. Quando la Fed si muove, il mondo sente le scosse.
Anche ora, i mercati globali dovranno adeguarsi. Dopo l’annuncio di Bernanke a maggio, si dava quasi per scontato che il tapering iniziasse da ottobre. Ora che la Fed l’ha rinviato, probabilmente di qualche mese, il quadro cambia di nuovo. Subito dopo l’annuncio, l’indice Standard Poor’s 500 della Borsa è salito dell’1,1%, a un livello record (a oltre 1.720); il petrolio ha superato i 110 dollari per barile e l’oro è arrivato a toccare i 1.360 dollari per oncia, una crescita addirittura attorno al 4%. Il rendimento dei titoli decennali del Tesoro è invece sceso immediatamente dal 2,87 al 2,74% e il dollaro ha perso l’1%. Ora, l’incertezza sui tempi della fine delle misure non convenzionali sarà uno degli argomenti principali di analisi nei prossimi giorni in tutto il mondo.
Bernanke ha anche detto di essere «riluttante» a pensare a qualsiasi aumento dei tassi ufficiali d’interesse dal momento che l’inflazione non cresce. Lato politico: il rinvio del tapering significa che la maggiore responsabilità per realizzarlo ricadrà ora sul nuovo, prossimo presidente della Fed, che dovrebbe sostituire Bernanke alla fine di gennaio. Scelta sempre più delicata per Barack Obama.
Danilo Taino


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