Intesa bipartisan sull’Offerta pubblica di acquisto ma Saccomanni dice no: sarebbe protezionismo

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ROMA — Nelle stanze della commissione Industria del Senato si materializza uno degli ultimi casi di volontà bipartisan all’interno della disastrata maggioranza del governo Letta.
I senatori di Pd e Pdl sono concordi nel chiedere al governo di non lasciare campo libero a Telefonica e hanno individuato nel cambio della legge sull’Opa l’arma vincente. Se gli spagnoli fossero costretti a lanciare un’offerta pubblica sulla totalità dei titoli Telecom (che ieri in Borsa valeva 7,5 miliardi), per Alierta e soci l’attrattiva dell’affare sparirebbe immediatamente. Almeno questa è la convinzione diffusa. «Il tempo ci sarebbe», spiega Giuseppe Vegas, presidente della Consob, aprendo uno spiraglio decisivo almeno fino a dicembre. «Il governo sta studiando la possibilità di cambiare la soglia della legge sull’Opa », ammette il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti.
Ieri una lettera congiunta a firma di Altero Matteoli e Massimo Mucchetti, è stata recapitata a via XX settembre per chiedere l’intervento immediato di Fabrizio Saccomanni in commissione. Invito declinato, e non solo per lo scarso preavviso. Di fronte ai senatori si è presentato Giorgetti con una posizione aperturista che dà agli esponenti della maggioranza il margine per intervenire, ma che non basta a nascondere la contrarietà di Saccomanni su un cambio delle regole in corso. Su questo punto la divergenza di vedute è netta. Le aspettative di Saccomanni si concentrano tutte sul regolamento del “Golden power”, vale a dire limitarsi a imbrigliare il controllo della rete da parte di Telefonica in modo da non poter colpire gli interessi sensibili e le prerogative sovrane dello Stato. E in questo modo, cioè puntando sul golden power piuttosto che sulla modifica delle norme sull’Opa, secondo Saccomanni si eviterebbero in campo europeo le accuse di protezionismo.
Ma Mucchetti rilancia e già pensa di coinvolgere il premier Letta: «Stiamo verificando la possibilità di un atto di indirizzo del Senato, da consegnare al presidente del Consiglio, sui provvedimenti a tutela del patrimonio produttivo dell’azienda e degli investitori nelle società quotate, che oggi sono tagliati fuori dai benefici del controllo per la debolezza della normativa sull’Opa ». Perché secondo la maggioranza quella sarebbe la “pallottola d’argento”: ieri si discuteva di soluzioni tecniche e di modelli da adottare. Su tutti proprio quello di una normativa simile a quella spagnola che prevede una doppia soglia: l’Autorità che vigila sui mercati può imporre l’Opa all’acquirente sia se supera il 30% come in Italia, ma anche qualora una percentuale minore gli consenta il controllo di fatto (ad esempio potendo nominare più della metà dei consiglieri di amministrazione). E l’accordo Telefonica-Telco, che si perfezionerà solo nel 2014, potrebbe ricadere proprio in questa fattispecie. Un argomento decisivo a favore del controllo di fatto lo ha sottolineato ieri lo stesso presidente della Consob: «Il prezzo (pagato da Telefonica per le quote Telco ndr) è doppio rispetto alla quotazione attuale. Ognuno è libero di pagare il prezzo che vuole, qui si incorpora un sovrapprezzo ed è razionale pensare che dietro ci potrebbe essere una acquisizione del controllo».
Più che le basi legali per un intervento legislativo, in questa fase conta l’azione politica necessaria per non lasciare scivolare lontano dall’Italia la testa dell’ex monopolista telefonico. A “rafforzare” gli intenti della maggioranza c’è anche l’intervento del presidente della Repubblica che ieri ha ricevuto in forma riservata Vegas prima del suo intervento a palazzo Madama. Il Quirinale sta seguendo con molta attenzione la vicenda Telecom, come dimostra l’incontro con Bernabè di mercoledì, non solo per le ricadute finanziarie e di politica industriale, ma anche per gli effetti a livello occupazionale e sociale.
C’è poi il capitolo sicurezza dei dati e gestione della rete: le preoccupazioni del Copasir ieri hanno ricevuto la conferma delle valutazioni tecniche dei servizi segreti. Il direttore del Dis, Giampiero Massolo, ha consegnato una relazione di due pagine che sottolinea il valore strategico che la rete fissa ha per l’intelligence e le forze di polizia. «Un bene indisponibile» secondo il Dis, il cui valore cresce sempre di più: miliardi di dati che riguardano le imprese private e la pubblica amministrazione sono custoditi nel cloud, cioè nei server della stessa Telecom. Inoltre, sottolinea il Dis, secondo la legge per la lotta al Cyberterrorismo, tutti gli interventi che le forze di polizia possono fare per acquisire dati utili alle indagini avvengono proprio attraverso la rete
fissa. Lo straniero proprietario avrebbe le chiavi del canale per raggiungere ogni tipo d’informazione.
La vicenda Telecom ha mostrato tutti i ritardi che la politica ha accumulato sul fronte della politica industriale, della sicurezza e della tutela dell’interesse nazionale. Così nella ricerca frenetica di una soluzione, l’intervento sulla legge per l’Opa ha l’indubbio fascino della scorciatoia veloce e efficace.


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