1,3 miliardi di motivi, il partito ciellino abbraccia l’esecutivo

Loading

Era dai tempi dei bei viaggi gratis (anzi, a spese del faccendiere Pierangelo Daccò) che Roberto Formigoni non era tanto presente in tv e sui giornali. In questi giorni è stato inseguito, invitato, intervistato e coccolato come un protagonista politico di prima grandezza. Insieme a lui, i ministri Maurizio Lupi e Mario Mauro. Nel momento della quasi-crisi di governo e della quasi-rottura con Silvio Berlusconi, si è reso visibile il “partito di Cl”, schierato in prima fila in difesa del governo Letta. Con Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle opere, che esce dal silenzio per ribadire che all’Italia “serve stabilità politica”: ossia “grandi intese per le riforme”, pensando “al bene comune”.

OLTRE CHE AL BENE comune, Formigoni deve aver pensato anche al bene di alcuni progetti e grandi affari che si nutrono di “larghe intese”: primo fra tutti l’Expo di Milano, ma anche di una galassia di business che stanno sbocciando all’ombra dell’alleanza tra mondo ciellino e coop rosse. L’Expo, Formigoni lo conosce bene, perché da presidente della Regione Lombardia ha tenuto a battesimo l’operazione immobiliare che ha segnato la sorte dell’esposizione universale 2015: ha imposto che si svolgesse su aree della Fondazione Fiera (allora a controllo ciellino), con un conseguente esborso di fondi che hanno rimesso in sesto i conti della Fiera, ma hanno condannato l’Expo a rientrare della spesa, a fine manifestazione, quando dovrà smontare i padiglioni e rivendere aree e volumetrie, trasformando la zona in una colata di cemento. Restano vaghi (e con finanziamenti tutti da trovare) i progetti di respiro più pubblico, che ipotizzano di portare sull’area l’università, o il nuovo stadio, oppure la sede della Rai.

Oppure impiantarci le strutture delle Olimpiadi a cui Milano vorrebbe candidarsi. Assai più probabile che si faccia cassa costruendo, in una zona che sarà resa più appetibile dalle infrastrutture (strade e metrò) almeno 600 mila metri quadri di edifici, residenziali e commerciali. In attesa di quel banchetto luculliano che potrà essere apparecchiato dopo il 2017, intanto c’è da gestire subito l’affare Expo. Che non è più così ricco come i suoi promotori speravano nel 2008 (4,1 miliardi di euro), ma comunque niente male: 1,3 miliardi di fondi pubblici, 833 messi sul piatto dal governo, il resto da Regione Lombardia, Comune di Milano, Provincia e Camera di commercio. Formigoni, uscito a Milano dalla “cabina di regia” di Expo con la sua caduta da presidente regionale, è rientrato nell’affare a Roma come autorevole esponente del “partito di Cl”, sempre attento ai lavori per l’esposizione universale. Partiti in grandissimo ritardo.

Due i grandi appalti già assegnati (su entrambi sono state già aperte inchieste della magistratura): quello per la rimozione delle interferenze, che vuol dire la pulizia dell’area; e quello per la costruzione della piastra, che significa l’impianto della base su cui saranno costruiti viali, strutture e padiglioni. Tra i vincitori degli appalti, coop rosse (Cmc di Ravenna) e aziende vicine a Cl (Mantovani spa, Ventura spa, associata alla Compagnia delle opere). Ci sono poi altri soldi in arrivo, per lavori fuori dal sito dell’Expo: opere che attendono di essere realizzate da anni e che dovrebbero finalmente giungere a compimento grazie all’evento. Sono strade, autostrade e linee metropolitane per un investimento di 11 miliardi. I ritardi impediranno di completare i lavori in tempo per l’esposizione. Non saranno pronte né la Pedemontana, né la Brebemi, né la Tangenziale esterna est. Quanto alle metro, la linea 6 è stata cancellata e della linea 4 per il 2015 saranno realizzate solo due delle 21 fermate previste. Ma intanto i cantieri, seppur a rilento, sono aperti.

Altri 500 milioni dovrebbero arrivare nel 2014 per rimettere a nuovo Milano: il Comune potrà però impegnare quei soldi solo se otterrà dal governo, proprio in vista dell’Expo, una deroga al patto di stabilità. La chiedono il sindaco Giuliano Pisapia e il presidente della Regione Roberto Maroni, che con la Lega fa opposizione al governo Letta in Parlamento, ma sugli affari in vista dell’esposizione 2015 fa squadra con Pisapia e Formigoni. E non c’è solo l’Expo a catalizzare le attenzioni del “partito di Cl”. In giro per l’Italia sono innumerevoli gli affari e gli appalti gestiti da aziende della Compagnia delle opere, spesso insieme alle coop rosse, come nel caso del nuovo ospedale di Niguarda a Milano.

“L’EXPO è un volano per la nostra economia”, ha detto Enrico Letta. Tanti soldi per le opere da realizzare, più 25 miliardi di euro previsti come indotto, da qui al 2020. Si capisce allora perché, al netto delle scelte ideologiche, morali e politiche, il “partito di Cl” ha dimostrato di essere ormai più fedele a Letta che a Berlusconi. Del resto, l’attuale presidente del Consiglio, già nel 2003, da parlamentare del centrosinistra, aveva fondato, insieme a Maurizio Lupi, parlamentare di Forza Italia, l’“Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà”. Oggi, dieci anni dopo, i due si ritrovano insieme al governo.


Related Articles

Pd e Pdl provano l’intesa sul Colle Lanciato Marini, è subito scontro

Loading

Nei Democratici si allarga il fronte del «no»: solo la metà  è con il candidato

“No a forzature, si rispetti prestigio Bankitalia”

Loading

 Napolitano in campo sulla successione a Draghi: serve discrezione. Il premier: nessuna fretta.    Il Quirinale non vuole che si creino contrapposizioni o si inneschino veti incrociati sui candidati e vuol garantire l’autonomia dell’istituto 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment