A Praga un enorme dito medio contro il degrado della politica

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Non richiede sforzi d’interpretazione, l’ultimo lavoro dello scultore ceco David Cerny fluttua placido su una chiatta all’ancora nella Moldava: una grande mano di plastica viola con il dito medio alzato a poca distanza dal Ponte Carlo, inequivocabilmente puntato verso il Castello di Praga, la fortezza medievale che ha ospitato re e imperatori, oggi sede della presidenza e simbolo del potere.
«L’opera parla da sola» dice Cerny, 45 anni, artista tra i più noti e controversi della scena ceca da quando nel ’91 inaugurò il suo percorso di gesti plateali e dissacranti colorando di rosa un carrarmato sovietico memoriale della Seconda guerra mondiale e piazzando sulla torretta un altro dito medio. Quell’atto fondativo gli valse un arresto per disturbo della pubblica quiete e il marchio del provocatore in sintonia con l’intreccio di arte, sberleffo e dissenso che aveva sempre connotato le esperienze di scrittori e musicisti nella Cecoslovacchia comunista. Il segno del Cattelan di Praga ormai è riconoscibile anche all’estero. A Bruxelles è vivo il ricordo dell’opera che nel 2009 inaugurò la presidenza ceca dell’Unione Europea, «Entropa», un mix di stereotipi nazionali che attirò proteste formali in Commissione e diventò un caso diplomatico.
Il pugno sulla Moldava, installato con l’autorizzazione delle autorità municipali, conserva poco dello slancio rivoluzionario degli artisti dissidenti ma esprime l’esasperazione di un intero Paese verso la politica di palazzo avvilita da lotte interne e corruzione. Il primo destinatario del messaggio è Milos Zeman, ex comunista e leader storico dei socialdemocratici tornato in politica con la vittoria alle presidenziali dello scorso gennaio. Correva contro Karel Schwarzenberg, principe 75enne sostenuto dai giovani anche grazie alla campagna mediatica orchestrata da Cerny: suo il logo di Schwarzenberg in versione punk, cresta rosa e colori fluo a rievocare la copertina dell’album dei Sex Pistols del 1977, Never Mind The Bollocks .
Meno di un anno dopo le presidenziali, la Repubblica Ceca naviga a vista verso le elezioni politiche del prossimo weekend. In questi mesi si è chiusa l’esperienza del governo guidato dall’economista Petr «Mani pulite» Necas, già successore di Mirek Topolanek (il premier fotografato nudo a Villa Certosa) alla guida del conservatore Partito civico democratico e travolto, nonostante l’impegno contro le pratiche clientelari, da uno scandalo di corruzione. Intricata vicenda di spionaggio e mazzette sulla quale indaga la magistratura e che ha per protagonista «la zarina» Jana Nagyova, capo di gabinetto ed ex amante di Necas (lui non è indagato). I due si sono sposati in segreto poche settimane fa — amore romantico o tattica difensiva, lo dirà la storia.
Ad agosto si è sbriciolato pure il governo tecnico affidato da Zeman al suo ex consigliere economico Jiri Rusnok. Ora che si torna al voto il presidente spera in un esecutivo di minoranza dei socialdemocratici con l’appoggio esterno dei comunisti, che otterrebbero così il primo ruolo di governo, pur indiretto, dalla Rivoluzione di velluto dell’inverno 1989. «Dopo 23 anni — risponde Cerny a chi lo accusa di svilire l’immagine del Paese e soffiare sul fuoco dell’antipolitica — questa prospettiva mi terrorizza».
Maria Serena Natale


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