Quel richiamo dei piccoli al governo tante amnesie sulle Imprese del Nord

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L’accusa rivolta dai Piccoli non tanto al ministro quanto al governo delle larghe intese è stata quella di essere insensibile alle ragioni del mondo produttivo e più in generale di aver derubricato la questione settentrionale.
L’azione politica della Lega si è in questi mesi affievolita (nonostante il Carroccio controlli tre Regioni dell’asse padano) e comunque i problemi del Nord non sono stati affrontati. Gli artigiani lombardi, ad esempio, si chiedono — ormai con sempre maggiore frequenza — se convenga o no trasferire l’attività in Svizzera visto il combinato disposto di carico fiscale, burocrazia, costo dell’energia e restrizioni al credito che devono affrontare in patria. Parliamo di gente che si non spaventa facilmente tanto è vero che dopo cinque anni di Grande Crisi è ancora lì, tiene aperti i capannoni e non demorde, ma è evidente che il lungo convoglio rappresentato dagli oltre 4 milioni di Pmi si sta sgranando.
Un pezzo significativo della manifattura ha trovato il modo e la forza di spingere sull’export o direttamente o come parte di una filiera, chi invece per caratteristiche del business o per le dimensioni troppo ridotte non ci è riuscito ora si sente in trappola. Non crede affatto alla ripresa e chiede alla politica scelte che diano ossigeno al mercato interno oppure abbattano drasticamente tutti quei che i vincoli che appesantiscono l’attività dei Piccoli. Il governo davanti a questa domanda non pare avere un’offerta adeguata in termini di policy (che proprio Enrico Letta nel suo discorso di insediamento aveva contrapposto alla politics ) e quindi non riesce a portare il Nord dalla sua parte. Dalle parti di Busto Arsizio il cacciavite è uno strumento di lavoro assai diffuso e proprio per questo si capisce perfettamente quando un bullone è stato avvitato e quando no.
Dario Di Vico


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