Scuole, ambiente e servizi sociali Un miliardo ai Comuni

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E che troverà posto nella legge di Stabilità, la vecchia Finanziaria, che il governo approverà nei prossimi giorni.
Il miliardo, sotto forma di maggiori possibilità di spesa per investimenti, sarà distribuito fra tutti i Comuni. E la torta sarà divisa in fette proporzionali al volume di spesa con l’aggiunta di altre due regole: saranno premiate le amministrazioni che hanno i conti in equilibrio e, più in generale, i Comuni piccoli che con il criterio della semplice proporzionalità riceverebbero solo spiccioli. In un primo momento si era pensato di destinare le nuove risorse a due soli settori: l’edilizia scolastica e la messa in sicurezza del territorio. Ma un vincolo così rigido avrebbe tagliato fuori quei Comuni, magari virtuosi dal punto di vista dei conti, che non hanno necessità di intervenire in questi settori. Per questo l’obbligo sarà trasformato in un invito: gli investimenti aggiuntivi andranno preferibilmente realizzati in quelle due aree, forse con l’aggiunta dei servizi sociali. Un’impostazione rigida, del resto, sarebbe in contrasto con il vero obiettivo del governo e cioè il progressivo superamento del patto: «Al momento — dice il ministro per gli Affari regionali, Graziano Delrio —, i limiti alla spesa riguardano sia la parte corrente, cioè i costi per il funzionamento dei servizi, sia quella in conto capitale, cioè gli investimenti. Ma gradualmente porteremo gli investimenti fuori dal meccanismo. Ne ho parlato con il ministro dell’Economia, Saccomanni e sono ottimista». Molto dipende dalle altre misure che riguardano i Comuni da inserire sempre nella legge di Stabilità. A partire dalla service tax che l’anno prossimo prenderà il posto di Imu e Tares con un risparmio di 2 miliardi di euro. «In ogni caso — dice ancora Delrio — dopo anni di tagli, per la prima volta il governo aggiunge risorse ai Comuni. Un’inversione di tendenza fondamentale». E una scelta che, se mantenuta, sconfesserebbe l’austerity degli ultimi tempi: «Rimettere in moto gli investimenti dei Comuni, specie di quelli piccoli — dice Angelo Rughetti, deputato del Pd, ex segretario dell’Anci, l’associazione dei sindaci — significa aver capito che quella non era una spesa improduttiva ma un modo per garantire i servizi ai cittadini e far girare l’economia». È proprio per questo che le spese per investimento dovrebbero essere tirate fuori progressivamente dal patto. Ricordando che quel sistema pensato per controllare dal centro la spesa della periferia verrà di fatto superato nel 2015 quando, se non ci saranno nuovi rinvii, nei bilanci dei Comuni cambierà tutto. In base ai principi della nuova contabilità «per cassa» ogni amministrazione dovrà semplicemente garantire il pareggio fra le sue entrate e le sue uscite, senza limiti a prescindere calati dall’alto. Una sfida pure quella, certo. Ma almeno ogni Comune sarà responsabile del proprio destino. E non ci sarà più il paradosso di Andora. Un Comune ligure che non ha mai fatto debiti, ha 18 milioni di cassa ma che per le ferree regole del patto non può spendere nemmeno un euro per mettere a posto l’acquedotto.
Lorenzo Salvia


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