SE ORFEO NON TROVA LA SUA EURIDICE

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Un suo saggio intitolato Il pappagallo di Flaubert, che mi dicono bellissimo, è da tempo esaurito e vana è stata ogni mia ricerca in libreria. Anche gli altri libri di Barnes hanno avuto la stessa sorte, tranne Il senso della fine che è stato letto e ammirato da molti lettori ed è stato recensito su questo giornale. E dunque è una felice coincidenza che il Premio Malaparte di quest’anno sarà dato proprio a lui, il 5 ottobre, a Capri. In questi giorni da Einaudi esce un altro suo romanzo Livelli di vita, un libro straziante, un’analisi spietata del dolore di chi ha perso la persona amata. È un libro autobiografico, quasi una confessione più che un romanzo, perché è capitato a Julian Barnes di perdere la moglie amatissima e di vivere per anni in una specie di doloroso stupore che ha annientato ogni altra sua facoltà.
Il libro è diviso in tre capitoli; i due primi, che sembrano staccati dal terzo, sono un’esauriente descrizione dei primi voli fatti in mongolfiera o in dirigibile, voli esaltanti e spesso finiti in un disastro, delle prime fotografie dall’aria fatte da Nadar, dei rapporti esistenti tra le persone che volavano in questi aerostati. C’è poi il racconto dell’incontro «aereo», nella cesta di una mongolfiera, tra Sarah Bernardt, la famosa attrice, e il colonnello Burnaby della Guardia Reale inglese, storia di una passione vista come dall’alto, con un elegante distacco e molto fuoco nascosto, che emerge dai dialoghi amorosi tra i due, lievi e stilizzati con straordinaria bravura. Quanto ai voli coi più leggeri dell’aria, essi possono finire a volte molto male, con il passeggero che precipita e si trova conficcato nel terreno fino al ginocchio e gli organi interni sparsi tutt’intorno. Ed è questa la condizione in cui si trova l’autore, Julian Barnes, che dopo la morte della moglie (trentasette giorni dalla diagnosi alla morte) precipita dall’altezza della sua vita amorosa nel terreno del dolore presente. Quanto è duro lo scontro con la realtà per il colpo ricevuto, e l’impatto con la vita da vivere dopo, ogni giorno, è questo che l’autore vuol raccontarci.
È un discorso amoroso alla rovescia il suo, tutto al negativo, fatto da un Orfeo che cerca invano la sua Euridice scendendo nella profondità della memoria, in un mondo che non conosce più la dimensione divina del mito. Anche il suo è un viaggio nella tenebra, tra le ombre, un viaggio solitario in cui «il dolore configura il tempo», dove pensi spesso al suicidio e poi ti accorgi che «è un’arma a doppio taglio» e non può essere d’aiuto alcuno. Un viaggio in cui fissi con risentimento la gente che va in giro «spensierata» mentre per te il mondo è cambiato, dove ti rifiuti di pensare che quel che ti è accaduto faccia parte di un disegno più vasto, che sia solo «l’universo che fa il suo mestiere», quando sai bene che il mondo «esiste per questo, per essere perduto».
Insomma «sei in trappola», anche il suo monologo è una trappola. Tutto questo ci viene raccontato senza autocommiserazione, in un’analisi clinica fatta con un bisturi tagliente che ci fa scoprire le diverse stratificazioni del dolore. La trappola però è anche in questo racconto la «rappresentazione» dell’amata, della moglie, che non appare mai in primo piano, la vediamo soltanto di scorcio, vorremmo vederla un po’ più per amarla anche noi, ma il monologo di lui occupa tutto lo spazio, un monologo dove prevalgono i concetti («il dolore è verticale, il lutto è orizzontale»), forse perché l’astrattezza del concetto attenua il dolore immediato che darebbe la rappresentazione del fatto, cioè di un qualunque momento di quei 37 giorni dalla diagnosi alla morte della moglie. Il fatto è un colpo basso, insostenibile, che non rispetta le regole e che la ragione non può controllare e neppure scrivere.
Non è vero quel che ha detto Nietzsche, che «ciò che non uccide fortifica». Barnes non lo crede, lo dice esplicitamente: ciò che non uccide può solo indebolirti. E «ne esci come un gabbiano da una marea nera, sporco di petrolio e incatramato per sempre».
Questo è avvenuto, ed è qui scritto in un libro drastico che non fa concessioni, e come tale va letto. Ma dopo sai davvero cosa vuol dire aver amato e perduto irrimediabilmente la persona più cara.


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