Pechino, il conclave segreto nell’«albergo che non esiste»

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E PECHINO — Il conclave dei grandi annunci. E dei grandi misteri. Di sicuro sappiamo solo che da ieri i circa 370 membri del 18° Comitato centrale del partito comunista sono riuniti nel Terzo Plenum. Ne usciranno martedì, con decisioni sul futuro economico e politico della Cina per i prossimi dieci anni. Almeno, questo ripete giorni la stampa di qui, rilanciando promesse di dirigenti che parlano di «riforme senza precedenti». Pagine e pagine, titoli e titoli che hanno previsto cambiamenti praticamente in ogni settore della seconda economia del mondo: dal sistema del credito ai diritti di vendita della terra.
Poi, da ieri mattina, improvvisamente il silenzio e il segreto. Il Plenum non si svolge nella Grande Sala del Popolo sulla Tienanmen, ma in un albergo più a Ovest: il Jingxi Hotel. O almeno questo è quello che si dice, anche in base alle suggestioni del passato: nel Jingxi si sono tenute riunioni storiche e drammatiche, nel 1967 un gruppo di marescialli cercò di ribellarsi alla vedova di Mao. E nel 1978 fu nel Jingxi che si radunò il Terzo Plenum dell’11° Comitato centrale, quello in cui Deng Xiaoping aprì la Cina al mercato. È un albergo particolare il Jingxi, gestito direttamente dal Quartier Generale dell’Esercito. E non è un posto per turisti; non si prenota nemmeno una delle sue 1.023 stanze online o per telefono. Davanti, uno schieramento di agenti in borghese e in divisa; dall’altra parte della strada abbiamo fatto in tempo a vedere qualche Audi nera con i vetri affumicati infilarsi nel cancello, prima di capire che era meglio togliere il disturbo.
Quasi un hotel fantasma, certamente militarizzato, piazzato nel distretto occidentale di Haidian, vicino al ministero della Difesa e al Museo dell’Esercito popolare di liberazione.
Eppure compare nella classifica di «Tripadvisor»: 547° sui 4.675 alberghi di Pechino. Come mai delle recensioni nonostante la cortina che lo circonda? Perché durante l’anno ci si tengono anche riunioni statali a più basso livello e 68 piccoli funzionari, orgogliosi di trovarsi nelle stanze dov’è stata scritta la storia, hanno scritto i loro giudizi sul sito specializzato «Tripadvisor», proprio come fa la gente in vacanza.
Così sappiamo che lo yoghurt lo fanno in casa, che i mobili non sono di design lussuoso ma «lineari, di solido legno di pesco», i quadri grandissimi e donati da pittori famosi e ansiosi di farsi apprezzare dal potere. Qualche altro dettaglio: «Le cameriere sono di ottima qualità, alte, belle e brave». «Letti molto grandi. Sembrano tutti matrimoniali». «Ottima security, dopo mezzanotte ci sono quattro posti di controllo uno dopo l’altro. Appena entri il segnale del cellulare viene oscurato. È molto, molto pulito». E per concludere: «Cucina accuratissima, c’è anche un ristorante musulmano».
Insomma, il «Jingxi del mistero» (citazione da un’altra recensione di un piccolo burocrate felice di esserci) è il centro della Cina, fino a martedì quando si chiude il Plenum. Forse: perché ovviamente nessuno conferma che il Plenum sia proprio lì.
Comunque, dopo l’attentato del 28 ottobre che ha fatto cinque morti e 40 feriti sotto il ritratto di Mao sulla Tienanmen, il ministro della sicurezza Guo Shengkun non ha voluto correre rischi, ha riunito gli ufficiali di polizia e ha detto: «Voglio che intorno a Pechino ci sia un fossato di sicurezza», come ai tempi della Città Proibita. Su Sina Weibo , il Twitter cinese, sono state segnalate retate di «fang min», il popolo delle petizioni che per antica tradizione imperiale viene nella capitale a rappresentare le proprie lamentele. A Taiyuan, il capoluogo dello Shanxi dove mercoledì qualcuno ha piazzato sette ordigni davanti al palazzo del partito locale, chi vuole prendere il pullman per Pechino deve presentare i documenti. Dallo Xinjiang degli uiguri, terra degli attentatori della Tienanmen, notizie di arresti.
Sul fronte politico il Quotidiano del Popolo ha pubblicato un lungo comunicato: «Il partito comunista manterrà il potere, no ai sistemi occidentali, non ci faremo distruggere». Sono giorni di incertezza: ieri si è diffusa la voce che i seguaci di Bo Xilai, il leader condannato all’ergastolo per corruzione, hanno fondato un partito scissionista.
È stato prospettato un tale «approfondimento generale delle riforme» che a elencarle tutte ci vorrebbe un trattato: coinvolgono industrie di Stato, banche, convertibilità del renminbi, diritto di residenza in città per i lavoratori migranti, che sono circa 200 milioni. Le resistenze saranno fortissime, anche perché il Plenum dispone, ma poi l’applicazione passa alle province dell’Impero. E uno dei tanti proverbi cinesi dice: «La montagna è alta, e l’imperatore è lontano».
Guido Santevecchi


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