“Avanti con gli aiuti della Fed occupazione Usa ancora fragile”

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NEW YORK — «E’ imperativo promuovere una forte ripresa». Non ha dubbi Janet Yellen, la prima donna che conquisterà il timone della politica monetaria americana. Quando sarà lei ad assumere la presidenza della Federal Reserve, all’inizio dell’anno prossimo, il pieno impiego sarà più che mai la stella polare della sua azione. La Yellen lo afferma davanti al Senato, nell’audizione che precede il voto di conferma della sua nomina. I mercati reagiscono di conseguenza, con gli indici di Wall Street che segnano nuovi record storici. La Yellen si esibisce in una prestazione eccellente: non solo è competente e sicura di sé (cosa di cui nessuno può dubitare viste le sue credenziali e la sua lunga carriera nella stessa Fed), ma è anche disinvolta nella comunicazione, non soffre di trovarsi puntati addosso i riflettori dei media e le domande insidiose dei senatori. Difende il “quantitative easing”, cioè la politica di acquisto di bond sul mercato aperto, attraverso la quale ogni mese la Fed rovescia 85 miliardi di dollari di liquidità aggiuntiva nell’economia americana (e non solo in quella). «E’ un contributo significativo alla crescita». Non vede la necessità di interromperla, con un tasso di disoccupazione del 7,3%. La disoccupazione scende, certo, ma è ancora assai lontana da quel 6,5% che è l’obiettivo ufficiale della Fed (e che alcuni nella  stessa banca centrale vorrebbero abbassare ulteriormente fino al 5,5%). «Teniamo conto dei costi e dell’efficacia di questo programma, e allo stato attuale i benefici superano i costi». Dalle sue parole, i mercati traggono una conclusione: gli acquisti di bond continueranno a questo ritmo e in queste dimensioni fino all’inizio del 2014, poi si vedrà a seconda delle condizioni del mercato del lavoro. In quanto al costo del denaro, il tasso direttivo della banca centrale resta inchiodato a quota zero, e l’orizzonte per un rialzo si sposta oltre il 2015.
Il primo test per la Yellen è positivo in quanto neppure la destra repubblicana mette in discussione la sua attitudine a dirigere la Fed dopo Ben Bernanke. Dunque la conferma da parte del Senato della nomina decisa da Barack Obama è scontata. Nel dibattito fra i senatori, le critiche riguardano solo l’azione della Fed. Qualche repubblicano parla di «morfina » per descrivere l’effetto-droga della liquidità abbondante che contribuisce a spingere al rialzo le Borse di tutto il mondo; qualcun altro denuncia questa politica come «élitaria» perché arricchisce l’un per cento, chi ha già grossi patrimoni finanziari. La Yellen ribatte ricordando che questa politica ha consentito anche una ripresa del mercato immobiliare di cui godono milioni di famiglie americane del ceto medio, i cui risparmi sono investiti in case. Ammette tuttavia che la politica di acquisti di bond «non può durare per sempre». Non si pronuncia
sull’esistenza o meno di una bolla speculativa («il mandato della Fed non include il compito di decidere il livello della Borsa») e tuttavia afferma senza esitazioni che la banca centrale si muoverà per sgonfiare gli eccessi speculativi con gli strumenti che ha a disposizione, se dovesse convincersi che ci si trova in una situazione analoga al 2007-2008. «Nessuno di noi vuole ritrovarsi in quello scenario». Da parte democratica il sostegno alla Yellen è totale, ma le domande dei senatori vertono soprattutto sui compiti di vigilanza bancaria. Un intervento importante lo fa Elizabeth Warren, la neo-senatrice democratica del Massachusetts, celebre paladina dei consumatori che fu l’ispiratrice della nuova authority per la tutela del risparmiatore. La Warren lamenta il fatto che nell’operato della Fed in passato la vigilanza sulle banche è passata in secondo piano rispetto ai compiti macroeconomici della politica monetaria. La Warren chiede e ottiene dalla Yellen la promessa che sotto la sua guida la Fed dedicherà maggiori energie alla sorveglianza sui comportamenti dei banchieri. Altri democratici sollevano il problema delle banche “too big to fail”, troppo grandi per essere lasciate fallire: malgrado le proposte di Paul Volcker (un ex presidente della Fed) che puntavano a smembrare i pachidermi come JP Morgan Chase, Bank of America e Citigroup, questi istituti sono rimasti intatti e un loro fallimento avrebbe ripercussioni sistemiche, costringendo nuovamente a salvarli con risorse pubbliche. La Yellen non si sbilancia sulla necessità di adottare la “regola Volcker” smembrando i colossi, ma promette di dedicare la massima attenzione a questi big di Wall Street.

 


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