Una mediazione a un passo dalla rottura

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Soprattutto i «falchi» temono di ritrovarsi all’opposizione di un governo delle «larghe intese» che l’ex premier ha appoggiato e voluto. Il ruolo che Angelino Alfano sta tentando di giocare è quello dell’uomo dell’unità, non della rottura: trasferendo sugli avversari interni l’immagine e la responsabilità di una scissione.
Il problema è che per riacciuffare l’unità occorre un gesto di una delle due parti. Insomma, o Berlusconi o Alfano debbono tornare sui propri passi. Il Cavaliere già lo fece il 2 ottobre, assecondando in extremis la fiducia al governo Letta: rischiava di perdere il partito. Da allora i margini di mediazione si sono assottigliati. E il pericolo di riemergere come un leader dimezzato forse è perfino aumentato. La pattuglia dei «governativi» sarebbe più numerosa di quanto la guerra dei numeri dica. E dopo la decadenza, potrebbe riservare a Berlusconi sorprese amare. Dunque, non si esclude nulla.
Nell’ennesima «ultima mediazione» di queste ore prima della riunione del Cn di sabato, si parla di possibile ricucitura. Si sogna la possibilità di rinviare il voto sulla decadenza, fissato al Senato il 27 novembre. E il governo potrebbe andare avanti. In realtà, il vero terrore dei «lealisti» e di Berlusconi è che Enrico Letta e la sua maggioranza trasversale escano indenni comunque: perfino rafforzati da uno strappo del Pdl trasformato in Forza Italia; e che settimane convulse e uno spettacolo di lacerazioni segnino un ritorno all’opposizione tale da isolare ulteriormente Berlusconi.
Per questo, non si può escludere a priori nemmeno l’ipotesi che l’ex premier decada ma rinunci al tentativo di provocare una crisi di governo. Gli appelli continui di Alfano e le risposte del cerchio magico berlusconiano, teso ad accreditare un Cavaliere in grado di risolvere il garbuglio, sono cenni di tregua. Ma sarebbe la seconda giravolta nello spazio di neppure due mesi; e la certificazione che tutte le energie e le minacce erano altrettanti segni di debolezza, non di forza. Il vicepremier additato come «delfino» ingrato e novello Gianfranco Fini, riemergerebbe come vincitore di uno scontro che mette a nudo il tramonto del primato berlusconiano nel centrodestra.
Difficile pensare che possa finire così. Anche se ascoltando un vecchio alleato di Berlusconi come il leghista Umberto Bossi, sorge qualche dubbio. «Mi pare che il Cavaliere non voglia far cadere Letta», azzarda Bossi. D’altronde, se sabato il Pdl si rompesse, affronterebbe diviso anche la legge di Stabilità, favorendo Palazzo Chigi. È come se Berlusconi avesse messo in moto dinamiche che non riesce a controllare. E Alfano rinvia la conta, congelando un documento del Pdl a favore del governo: vuole che siano i «lealisti» e Berlusconi ad assumersi la responsabilità di uno strappo.


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