Così il Cavaliere cambia schema di gioco per rientrare in partita

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La sua idea di un «governo di scopo» per approvare un nuovo sistema di voto e tornare alle urne in concomitanza con le Europee dell’anno prossimo, certifica come non ci siano i margini tecnici e politici per tornare subito alle elezioni. E inoltre dimostra che lo schema di gioco del Cavaliere sta mutando, che è interessato a rientrare in qualche modo in un gioco da cui è uscito mettendosi all’opposizione.
Non è più il tempo di recriminare, sebbene Alfano ancora ieri ci abbia rimuginato sopra, ricordando le conversazioni con «il presidente» prima del divorzio, i ripetuti appelli a non lasciare la maggioranza e il governo, «perché se rompessimo questi vincoli, non avremmo più voce in capitolo sulla riforma della legge elettorale». Ora che le strade si sono separate, Berlusconi prova a lanciare un segnale al futuro capo del Pd per proporgli un patto, in modo speculare e alternativo a quello che ieri Alfano ha offerto a Renzi. E non c’è dubbio che il sindaco di Firenze, da domani, sarà al crocevia delle scelte che segneranno i destini del governo e del Parlamento, sebbene non avrà la forza per determinare la durata della legislatura che si proietta già verso il 2015. Perciò, visto che i tempi si allungano, il Cavaliere non può nè vuole restare ancora in fuori gioco, mentre il suo ex delfino si appresta a una sfida ambiziosa quanto pericolosa.
Per Alfano sarà una «questione di centimetri», come dice Al Pacino nel film «Ogni maledetta domenica», caro al vice premier. Il leader di Ncd è in bilico infatti tra lo «scudetto» a cui ambisce con la sua «squadra blu» e la «retrocessione» che invece gli pronosticano i forzisti, tra l’obiettivo cioè di porsi in prospettiva alla guida di un moderno centrodestra e il rischio di diventare un «cespuglio» del governo a trazione-pd. Come Berlusconi, anche «Angelino» lascia intuire prima del fischio d’inizio del match quale sarà il suo modulo di gioco. Le sfide lanciate a Renzi sulla riforma del lavoro, sulla giustizia e soprattutto sulla legge elettorale, sono un modo per conquistare al suo partito una centralità nel campionato e per garantirsi una maglia da titolare nella maggioranza di governo quando la trattativa sulla riforma del meccanismo di voto entrerà nel vivo.
Così Alfano intende porre Renzi davanti a un bivio, aspettando la sua mossa. Il «rottamatore» si è detto pronto a parlare con tutti, «anche con Berlusconi» per trovare un’intesa sulla legge elettorale. E il Cavaliere non attende altro, anzi è pronto a farsi avanti. Ma quella opzione già allarma un’area rilevante dei Democratici, e rischia di mettere a repentaglio l’unità del partito prima ancora del governo. L’apertura al modello del «sindaco d’Italia» è il tentativo di Alfano di proporre al futuro segretario democrat un accordo di sistema dentro il perimetro della maggioranza di governo, rilanciando un meccanismo che proprio Renzi nel recente passato ha avanzato.
È chiaro che l’intesa tecnica potrebbe essere diversa, ma se si arrivasse all’intesa, l’intenzione sarebbe quella di consolidare il processo di rinnovamento del quadro politico, incentrato su un nuovo bipolarismo. Un simile patto, peraltro, costringerebbe a sua volta Berlusconi a una scelta: partecipare al processo riformatore oppure radicalizzare la propria posizione. Al momento il Cavaliere non ha deciso, ma se davvero optasse per una linea estrema e decidesse per esempio di andare fino in fondo nell’attacco al Colle — accodandosi formalmente alla proposta di impeachment dei grillini — metterebbe in tensione Forza Italia, dove pezzi consistenti del gruppo dirigente non intendono accettare questa deriva.
Ecco perché le primarie del Pd saranno decisive. Ed è vero che Renzi non vuole (nè può) far cadere il governo Letta. Però oggi il risultato del test democratico avrà un gran peso sulle scelte e sulle possibilità di manovra del futuro leader, che negli ultimi giorni ha ingaggiato uno scontro silenzioso con i suoi stessi alleati di partito, «asfaltando» nelle liste per l’Assemblea nazionale molti franceschiniani, veltroniani e lettiani. E il mare calmo di queste ore non scongiura la tempesta.
Francesco Verderami


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