Il Belgio espelle un’italiana “É senza occupazione un peso per il nostro welfare”

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PARIGI — Il decreto di espulsione è firmato dal sottosegretario belga all’Immigrazione, Maggie De Block. Ordine di lasciare il territorio entro dieci giorni. Potrebbe sembrare una delle tante storie di sans papiers: una madre straniera mandata via con suo figlio poche settimane prima di Natale perché senza lavoro fisso e quindi considerata come un “peso” per il Welfare. E’ invece una vicenda nuova, che racconta come sta cambiando l’Europa senza che nessuno ne parli.
La “clandestina” espulsa è un’italiana. Silvia Guerra, nata a Bologna trentotto anni fa, viveva in Belgio, assunta come artista di strada in una compagnia di giocolieri. «Sono stata ingannata, mi avevano detto che il mio contratto era regolare», spiega adesso Silvia, che non accetta di essere trattata come “parassita” dello Stato. Nonostante sia una cittadina comunitaria, si ritrova nella stessa situazione di tanti immigrati sbarcati da paesi non membri dell’Ue. «Dicono che la mia permanenza è stata troppo breve — continua — ma vivo in questo paese dal dicembre 2010, ho seguito le normali procedure ». Anche il piccolo Ennio, il figlio di otto anni che frequenta la scuola elementare a Bruxelles, deve andarsene. «Le autorità mi hanno risposto che anche lui non è davvero integrato».
E’ la linea dura contro l’immigrazione del governo di Elio Di Rupo, il premier socialista con origini italiane. Dal 2011, quando si è insediato dopo una lunga crisi politica, il nuovo esecutivo ha limitato l’applicazione della direttiva europea sulla libera circolazione dei cittadini europei. Il Belgio si basa su un codicillo che prevede che ogni straniero, anche se comunitario, deve avere un reddito sufficiente per provvedere al suo soggiorno. Se invece diventa un «peso indebito per lo Stato sociale» dopo tre mesi può essere espulso, come accade già per i cittadini extracomunitari.
I casi come quello di Silvia Guerra sono molti. Da 343 nel 2010, a 2.400 nell’ultimo anno. «Una crescita esponenziale» racconta Zoe Genot, deputata dei Verdi che ha denunciato il nuovo fenomeno, raccogliendo segnalazioni di italiani, francesi, greci, spagnoli. La sottosegretaria all’Immigrazione, con il suo cognome che assomiglia già a un muro di respingimento, De Block, è una convinta sostenitrice di queste espulsioni. «Rispettiamo le norme dell’Ue» ribatte la vice ministra del partito liberale fiammingo, OpenVld. Nei sondaggi, De Block è ormai uno dei personaggi politici più popolari del paese. Poche finora le proteste. «C’è un sostegno bipartisan, non siamo riusciti ad aprire un vero dibattito. Nessuno si scandalizza”, nota la deputata dei Verdi che pure ha presentato
al parlamento federale diverse interrogazioni. Il premier di Rupo non ha mai voluto rispondere. Alcuni sindacati hanno incominciato a dare assistenza legale ai lavoratori comunitari espulsi, e si sta creando un coordinamento di avvocati per tentare ricorsi fino alla Corte di Giustizia europea. «Un atteggiamento orribile dal punto di vista morale e contestabile anche sul piano di vista giuridico» dice Carlo Caldarini dell’Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa.
Il conto alla rovescia per Silvia Guerra è quasi scaduto. Aspetta l’esito dell’appello al decreto di espulsione. Se avrà esito negativo, dovrà tornare in Italia. Il suo caso è complicato dal fatto di essere sposata con un artista rumeno. «Ho perso le speranza, mi fa rabbia essere stata ingannata». Una nuova interpretazione restrittiva delle norme Ue ora seguita pure nei Paesi Bassi. E qualche giorno fa, anche il premier britannico, David Cameron, ha annunciato che da gennaio gli immigrati europei non avranno diritto al sussidio di disoccupazione per più di sei mesi se non dimostreranno di avere «una possibilità concreta di trovare lavoro». Bruxelles, capitale dell’Ue, ha fatto da apripista. «Un paradosso se pensiamo che accogliamo a braccia aperte i ricchi che fuggono le tasse dai loro rispettivi paesi» commenta Zoe Genot. «Ma quando si tratta di accogliere italiani o francesi — conclude — che cercano lavoro innalziamo nuove assurde frontiere».


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