Un assist per Letta Renzi costretto a trattare con Alfano

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ROMA — Il crash test ha funzionato: governo e legislatura stavano per schiantarsi e la Consulta — bocciando il Porcellum — ha fatto scattare l’airbag. C’è più di un motivo quindi se la decisione della Corte costituzionale ha offerto ieri un momento di serenità nella conversazione riservata tra Napolitano e Letta, che prima di ricevere il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy si è dichiarato «molto soddisfatto» per la sentenza: «Ora il Parlamento non avrà più alibi e dovrà trovare un accordo sulle riforme e sulla legge elettorale». Guarda caso le stesse parole pronunciate poco dopo a Bruxelles da Alfano, all’uscita del colloquio con il presidente del Ppe Daul.
Il premier e il suo vice tornano a darsi idealmente il «cinque», siccome è stata ribaltata una situazione che li vedeva in difficoltà, stretti com’erano nella morsa di Berlusconi, Grillo e soprattutto Renzi. Il futuro leader del Pd aveva mirato al bersaglio grosso, puntando a lanciare un’Opa ostile sul governo e sulla maggioranza con il passaggio della riforma elettorale dal Senato alla Camera. Una manovra minacciosa che teneva aperta la strada per il ritorno immediato alle urne. Ieri il sindaco di Firenze ha dovuto invece subire un formidabile uno-due: oltre la decisione della Consulta, infatti, c’è stato anche il blitz della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, che ha approvato l’istituzione di un comitato ristretto per redigere il testo base del nuovo meccanismo di voto entro gennaio, evitando così di farsi strappare il provvedimento dai colleghi di Montecitorio. Una contromossa che ha spaccato i democratici, e ha costretto due senatori del Pd a uscire dalla commissione per non votare contro.
Con la legge elettorale blindata al Senato, Renzi dovrà ora trovare un compromesso con Alfano, che si muove in perfetta sintonia con Letta. Se il «rottamatore» ha perso di fatto la golden share, non è solo per una questione di numeri, visto che il Nuovo centrodestra al Senato è determinante. C’è anche una questione politica, analizzata ieri «a caldo» dal premier e dal suo vice: se è vero che la Consulta considera «illegittimo» il Porcellum, viene meno il presupposto su cui Renzi voleva impostare il rapporto con Ncd, quel «noi siamo trecento loro trenta», che è frutto di un sistema elettorale ormai delegittimato.
D’un tratto il governo vede stabilizzarsi il quadro, riconquista il pallino del gioco e attende le mosse di chi aveva scommesso contro, rilanciando: «Adesso — avvisa il ministro Quagliariello — la partita sono le riforme costituzionali e anche la legge elettorale». Come dire che l’accordo dovrà essere complessivo, e partirà dalla «modifica del bicameralismo, per far sì che la fiducia all’esecutivo venga data da una sola Camera. Solo così si potrà avere una riforma del sistema di voto che garantisca stabilità e governabilità». Non è dato sapere quale meccanismo sostituirà il Porcellum, sul tavolo ci sono al momento varie opzioni, dal doppio turno di coalizione a un sistema tedesco con una soglia di sbarramento alta. Ma una cosa è certa: le elezioni politiche scompaiono dall’orizzonte del 2014.
Certo, dopo l’otto dicembre Renzi potrebbe ancora ipoteticamente tentare di forzar la mano. Ma visti gli effetti prodotti dalla sentenza della Consulta, e in assenza di una riforma elettorale, si assumerebbe la responsabilità di portare il Paese al voto con un modello proporzionale che potrebbe frammentare ancor di più il consenso, impedendo persino la costituzione di un governo di larghe intese. «Si è tornati alla legge della prima Repubblica», ha infatti commentato il futuro capo democrat. Perciò dovrà sedersi al tavolo del compromesso, al quale potrebbe ritrovarsi anche Berlusconi.
È vero, dopo la bocciatura del Porcellum tutti i forzisti hanno invocato l’immediato ritorno alle urne. Anche Brunetta l’ha fatto, con un’aggiunta importante alla sua dichiarazione: si torni al voto — ha detto — «dopo il rinnovo della legge elettorale». Il capogruppo azzurro lascia aperto dunque uno spiraglio alla trattativa, sulla quale sta ragionando il Cavaliere, che continua a tenere aperto il dialogo con Alfano, a cui ieri ha lanciato un segnale e insieme una sorta di indiretto riconoscimento: «Il prossimo candidato premier del centrodestra dovrà esser scelto con le primarie di coalizione». Proprio quello che ha chiesto «Angelino»…
Francesco Verderami


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