Alfano: se c’è paralisi, si va al voto E presenta il suo piano per il lavoro

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ROMA — Angelino Alfano boccia il «Jobs act» di Matteo Renzi, avverte il sindaco di Firenze e il premier Enrico Letta: si occupino delle cose interne del Pd «ma non scarichino le questioni del partito sull’Italia». Non solo. Il vicepremier ammonisce, ed è un punto importante, che «il governo deve dimostrare di essere utile al Paese. Se c’è blocco, paralisi, stallo, sarà bene andare a votare». Il leader di Ncd aggiunge di «volere cambiare la legge elettorale», affermando che «le modalità di conteggio sono secondarie». Quanto poi a chi debba guidare il centrodestra che lui definisce «polo della ricostruzione», propone che il candidato sia scelto con «il metodo delle primarie».
Alfano replica al pressing di Renzi. «Il Pd ha fatto sul lavoro una proposta timida legata ai vecchi schemi del Novecento e della Cgil — argomenta —, la nostra proposta è più moderna e più avanzata». Noi, dice, «formuleremo un giudizio più articolato quando conosceremo il loro testo scritto». Però, anticipa, possiamo già dire di essere contrari a una legge che regoli la rappresentanza sindacale all’interno delle fabbriche, cosa che va lasciata alla libera trattativa tra le parti sociali. Alfano parla al convegno sull’occupazione che si è tenuto in Puglia e in serata risponderà a Fabio Fazio a «Che tempo che fa» su Raitre. Occasioni che gli consentono di indicare le linee guida di un disegno di legge (messo a punto dall’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi) per fare ripartire l’economia e con essa creare nuovi posti di lavoro che sarà presentato a Letta, quale contributo al nuovo patto di governo. I principi ai quali si ispira l’azione di Ncd sono due: «meno tasse e meno regole». In Italia succede, osserva il vicepremier, che «il lavoratore rischia in proprio se le cose vanno male e non guadagna se le cose vanno bene. La nostra proposta prevede che con la partecipazione al bene dell’impresa, attraverso il salario di produttività, il lavoratore possa guadagnare di più quando l’impresa va bene».
Il piano scritto da Sacconi — tra i punti chiave c’è l’abrogazione dell’articolo 18 — si propone di completare la stagione «avviata con Marco Biagi» (il giuslavorista assassinato dalle Brigate rosse). Allora, grazie alla sua ricetta, ricorda il vicepremier, «l’Italia guadagnò più di un milione di posti di lavoro, dopodiché l’occupazione si è fermata e la disoccupazione è aumentata». Il governo, seguendo lo schema proposto dal Nuovo centrodestra, avrebbe la delega per predisporre un insieme di norme e tra di esse ci sarebbe appunto «uno Statuto dei lavori che identifichi il nucleo fondamentale dei diritti applicabili a tutti i rapporti di lavoro e rimetta le restanti tutele alla libera contrattazione collettiva o individuale». Altri punti significativi sono il rilancio dell’«apprendistato», come forma di accesso al lavoro, e le politiche sul salario fondate sul riconoscimento del merito poiché «il salario non può essere uguale per tutti». Dentro il governo, insiste Alfano, «attraverso le idee di Sacconi che è stato ministro del Welfare dal 2008 al 2011 e che è portatore delle idee più avanzate, siamo la voce del centrodestra». Lo stesso Sacconi ricorda che «nei giorni scorsi Renato Brunetta ha fatto considerazioni molto simili a quelle che abbiamo fatto noi a proposito delle proposte di Renzi, e coerenti con quanto da noi presentato». Insomma, esiste «una cultura consolidata nel centrodestra in materia di lavoro».
Lorenzo Fuccaro


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