E ora Letta accelera il rimpasto

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Se Mat­teo se la gioca su rapi­dità ed effi­cienza, anche Enrico deve pren­dere la rin­corsa. Dun­que acce­lera la mar­cia verso quello che ancora non sa se dovrà essere un “sem­plice” rim­pa­sto, ma di quelli extra­large, oppure un vero e pro­prio Letta-bis, con tanto di nuovo pas­sag­gio alle camere per la fidu­cia. A palazzo Chigi hanno già cer­chiato in rosso il numero di ricambi che fa da dead line: cin­que pol­trone. Oltre, si imporrà il Letta-bis, con tutto quel che com­porta in ter­mini di corsa all’abbuffata non solo di dica­steri ma anche, forse soprat­tutto, di sot­to­se­gre­ta­riati e viceministeri.

Il pre­mier ancora non ha scelto, ma certo l’idea di avviare la gio­stra e di ripas­sare sotto le for­che cau­dine della fidu­cia non lo alletta. Però sa di dover fare in fretta, per­ché non può per­met­tere al dina­mico rivale di per­se­ve­rare nel gioco delle parti che vede il capo del governo nel ruolo del bell’addormentato e quello del par­tito nei panni di Speedy Gon­za­lez. L’optimum sarebbe chiu­dere la par­tita del rim­pa­sto già per il fati­dico 27 gen­naio, annun­ciando le sosti­tu­zioni in con­tem­po­ra­nea con l’avvio dell’iter della riforma elet­to­rale, o al mas­simo poche ore dopo. Un modo per­fetto per rubare la scena al sin­daco piglia­tutto, e per rimet­tere al cen­tro l’azione del governo.

Dal patto Renzi-Berlusconi (bene­detto con la dovuta discre­zione da Gior­gio Napo­li­tano), anche Letta rica­verà il pro­prio tor­na­conto. Nelle pre­vi­sioni, il governo dovrebbe arri­vare almeno sino alla pri­ma­vera del 2015. E’ lo stesso Ber­lu­sconi a spen­dersi ora per un rin­vio sino al marzo dell’anno pros­simo se non oltre. Un po’ per­ché, per rive­stire il manto ono­rato del padre della Terza Repub­blica e lavarsi così di dosso il tanfo del pre­giu­di­cato, occorre che la riforma arrivi in porto. Molto per­ché spera sul serio che l’incandidabilità non vada oltre i con­fini dell’annetto e punta a cor­rere di nuovo in prima per­sona. Con un anno e passa di governo di fronte, Letta ha così tutte le pos­si­bi­lità di gio­carsi la par­tita. Sem­pre che la squa­dra smetta di dor­mire a bordo campo. Per que­sto urge rin­no­varla di brutta.

Quat­tro mini­stri sono già più di là che di qua. Nun­zia De Giro­lamo, ful­mi­nata da quelle regi­stra­zioni galeotte, e Anna­ma­ria Can­cel­lieri, un po’ per colpa delle note tele­fo­nate e un po’ per­ché nel Pd gode di un indice di popo­la­rità bas­sis­simo, che pre­ci­pita del tutto nel gra­di­mento del nuovo segre­ta­rio. La pol­trona di Guar­da­si­gilli rap­pre­senta la casella più deli­cata. Il nuovo mini­stro non dovrà risul­tare sgra­dito a Ber­lu­sconi, socio con­traente del nuovo patto costi­tuente, e si trat­terà quasi cer­ta­mente di un ex dc, anche se la per­sona giu­sta non è stata indi­vi­duata.
Altri due mini­stri ven­gono dati all’unanimità per già quasi dipar­titi: Enrico Gio­van­nini, che al Lavoro non ha mai strap­pato nep­pure una suf­fi­cienza, e Fla­vio Zano­nato, che dirlo poco amato da Mat­teo il deci­sio­ni­sta è un eufe­mi­smo. Per il Lavoro, in pole posi­tion c’è sem­pre l’ex segre­ta­rio della Cgil e del Pd Guglielmo Epi­fani. Per lo Svi­luppo eco­no­mico, invece, non sarebbe più in corsa Gra­ziano Del­rio. Renzi non solo ha rispo­sto pic­che alla richie­sta di Letta di inse­rire i suoi diri­genti nel governo, ma si oppone anche a un mag­giore coin­vol­gi­mento del solo mini­stro ren­ziano dell’esecutivo. Teme “che si bruci”, e con que­sto si è detto tutto su quanto il sindaco-segretario scom­metta sul suc­cesso di Letta.

Nelle ultime ore, però, altri due nomi si sono avvi­ci­nati peri­co­lo­sa­mente alla rosa nera dei ghi­gliot­ti­nandi: Maria Chiara Car­rozza, che come mini­stro dell’Istruzione quasi nes­suno si è accorto che esi­stesse, e Gae­tano Qua­glie­riello, per­ché il suo mini­stero, avendo il governo mol­lato la presa sulle riforme, quasi non ha più ragione di esi­stere. Non verrà toc­cato, per­ché non si pos­sono togliere al povero Alfano due mini­stri. Ma se per mira­colo la De Giro­lamo soprav­vi­vesse al repu­li­sti, la testa da sacri­fi­care al posto di quella della ras di Bene­vento sarebbe la sua.


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