Renzi si gioca tutto

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«Rischio il tutto per tutto». Con­clude così la dire­zione del Pd Mat­teo Renzi. Tra domani e dopo­do­mani deve chiu­dere l’accordo sulla legge elet­to­rale. È pronto ad incon­trare Ber­lu­sconi, può farlo domani, anzi secondo quello che si sente da Forza Ita­lia lo farà senz’altro. A Roma. Invece ieri non ha incon­trato Letta, gli ha però spie­gato pub­bli­ca­mente, dal palco della dire­zione, che non accet­terà «i ricatti dei pic­coli par­titi». Inten­desi Alfano, l’alleato che Letta sta pro­vando a tute­lare — per tute­lare il governo.

Ma l’avvertimento più pesante il segre­ta­rio l’ha lan­ciato, ripe­tu­ta­mente, al suo stesso par­tito. E soprat­tutto al gruppo par­la­men­tare, non ancora com­ple­ta­mente alli­neato al nuovo corso. Una nuova dire­zione, lunedì pros­simo, appro­verà la pro­po­sta defi­ni­tiva di Renzi. Chi in par­la­mento non si met­terà in linea, magari appro­fit­tando del voto segreto, «si met­terà fuori». E se sulle legge elet­to­rale, e sulla col­le­gata riforma del senato, i fran­chi tira­tori doves­sero essere tanti, troppi — come a parti rove­sciate fu per l’elezione di Prodi al Qui­ri­nale — il neo segre­ta­rio già mette sul piatto le sue dimis­sioni. E l’Armageddon. «Io rischio tutto, ma senza svolta il Pd muore».

A que­sto punto i par­la­men­tari ancora non cono­sco la solu­zione che tro­verà Renzi, ma sanno già che non sarà gra­de­vole. Non sarà il dop­pio turno nazio­nale con liste lun­ghe e pre­fe­renze, che resta la solu­zione più popo­lare nel par­tito. E quella per la quale insi­ste Alfano. ma Alfano, scan­di­sce nelle con­clu­sioni Renzi, «non è uno di noi». La chiave per la «gover­na­bi­lità» il segre­ta­rio la trova nel «pre­mio di mag­gio­ranza» che per (sua) for­tuna «la sen­tenza della Con­sulta sul Por­cel­lum non ha messo in discus­sione». Ridi­men­sio­nato però sì: biso­gnerà aggan­ciarlo a una soglia minima.

Il punto è che nel modello spa­gnolo pro­po­sto da Renzi, quello dei 118 pic­coli col­legi pro­por­zio­nali che eleg­gono cia­scuno quat­tro o cin­que depu­tati, un pre­mio del 15% (92 depu­tati) rischia di non bastare. Discorso diverso per il Mat­ta­rel­lum, che ha già una cur­va­tura mag­gio­ri­ta­ria forte — una «dispro­por­zio­na­lità» come si esprime Renzi citando il pro­fes­sor D’Alimonte — che si può ancora aumen­tare ritoc­cando la quota pro­por­zio­nale e abo­lendo lo scor­poro. O pre­ve­dendo per­sino — lo pro­pone Scelta civica — un dop­pio turno per asse­gnare un pre­mio a chi non avesse rag­giunto il numero suf­fi­ciente di seggi nelle sfide uni­no­mi­nali. Quel che è certo è che Alfano non avrà quel che chiede. Quel che è pro­ba­bile è che finirà per accet­tare la media­zione che Renzi tro­verà con Ber­lu­sconi, non potedo mol­lare il governo.

Davanti a que­sta offen­siva del segre­ta­rio, che avrà la sua prova del fuoco la set­ti­mana pros­sima in prima com­mis­sione alla camera, Letta deve ancora una volta met­tere davanti la spe­ranza: «Sono fidu­cioso in un risul­tato posi­tivo dell’iniziativa oppor­tuna e corag­giosa che Renzi ha assunto sulla legge elet­to­rale». Ma Renzi si sot­trae a qual­siasi vin­colo. Risponde male al capo­gruppo dei depu­tati, Spe­ranza, che imma­gina un accordo tri­la­te­rale sulla pro­po­sta Pd: partito-gruppi-Letta. Niente affatto: la pro­po­sta la farà il par­tito, cioè lunedì la dire­zione che Renzi con­trolla (ieri 35 aste­nuti su 120), poi gli altri si dovranno ade­guare. Even­tuali fran­chi tira­tori (ma il voto segreto è pos­si­bile solo alla camera) «col­pi­reb­bero al cuore il Pd» e «sareb­bero giu­di­di­cati dagli elet­tori», avverte il lea­der.
È una prova di forza, anche per­ché nel «pac­chetto» che si farà fir­mare da Ber­lu­sconi, il segre­ta­rio accanto alla legge elet­to­rale met­terà la (inno­cua) riforma del Titolo V e la vele­nosa riforma del senato. Cioè la tra­sfor­ma­zione della camera alta in un organo non elet­tivo, com­po­sto da sin­daci e pre­si­denti di regione, che non darebbe la fidu­cia al governo ma con­ser­ve­rebbe un certo potere legi­sla­tivo. Sul punto solo Civati ha avan­zato qual­che cri­tica, e così tra tre giorni la dire­zione del Pd potrà solo pren­dere o lasciare una riforma costi­tu­zio­nale ancora in gran parte oscura e che si annun­cia in con­tra­sto anche solo con l’ultima sen­tenza della Con­sulta, quella sul Porcellum.

Per Letta una con­so­la­zione. «Se ci sarà l’intesa per que­ste riforme, oltre che per la legge elt­to­rale, il governo dovrà andare avanti almeno un anno», pro­mette Renzi. Già, con quale maggioranza?


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