Sviluppo e riforme: parte il negoziato di Letta

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ROMA — «Parlerò con tutti coloro che sostengono la maggioranza, con i segretari ma anche con i capigruppo, ovviamente nel rispetto dei percorsi dei singoli partiti e coinvolgendo anche i gruppi minori e le autonomie parlamentari».
Enrico Letta è consapevole che i tempi sono stretti e che non sarà facile chiudere. La sua data ideale, come time limit, è venerdì 24 gennaio. La settimana successiva dovrà recarsi a Bruxelles per incontrare tutti i membri della Commissione europea. Per allora l’intenzione del presidente del Consiglio è quella di avere in mano un testo chiuso, con date e programmi del 2014, che includa economia, lavoro, riforme istituzionali e in un modo che potrebbe essere meno formale (in omaggio all’autonomia del Parlamento) la legge elettorale.
Il metodo di lavoro sarà un mix di incontri bilaterali «e il mio lavoro di stesura del testo» del Contratto, dice Letta ai ministri. Gli incontri si terranno a Palazzo Chigi nei prossimi giorni e dovrà essere il capo del governo a definire i confini fra la sua autonomia e le richieste che avanzeranno Pd, Nuovo centrodestra, Scelta civica, Popolari e gli altri gruppi, per quanto piccoli, che sostengono l’esecutivo.
È probabile che alla fine non ci sia un suggello formale e mediatico nel solco dei possibili precedenti. Nessun vertice di maggioranza, dicono nel governo, tenendo a distinguere piani che vogliono rimangano diversi: la responsabilità del premier e della sua squadra e l’appoggio parlamentare dei singoli partiti. Ognuno poi ovviamente potrà dare la pubblicità che vorrà agli accordi raggiunti, ma le intenzioni di Letta appaiono queste.
Il capo del governo attende che tutti mettano nero su bianco le loro proposte: i Popolari di Mauro e Casini hanno riunioni questa settimana, Scelta civica idem, il Pd chiarirà meglio le sue proposte sulle politiche del lavoro il 16. Insomma il premier scrive un suo testo, cerca di indirizzare il contenuto del Contratto dentro un perimetro che deve essere condiviso al 100% da tutti, lascia delle parti in bianco, in attesa di chiarezza e anche della sintesi che a lui toccherà fare.
Di sicuro, per esempio, delle tre proposte di legge elettorale avanzate da Renzi il capo del governo ritiene poco praticabile il modello spagnolo, per ragioni tecniche ma anche perché Alfano si è dichiarato favorevole al modello del sindaco d’Italia, una delle proposte avanzate da Renzi. È intenzione di Letta ovviamente verificare se questa convergenza può allargarsi e prendere corpo ulteriore, o eventualmente essere riproposta su una versione rivisitata del Mattarellum, altra ipotesi avanzata dal segretario del Pd.
Alcuni appuntamenti Letta li ha già fissati nella sua agenda: a Palazzo Chigi già questa settimana vedrà certamente i rappresentanti dei Popolari (venerdì mattina prima del Consiglio dei ministri) e di Scelta civica. Con Alfano è probabile che un incontro bilaterale ufficiale non venga fissato, visto che i due lavorano nello stesso Palazzo. L’incontro con Renzi, che potrebbe essere quello che plasticamente chiude l’accordo finale, dopo il 16, il giorno della segreteria del Partito democratico. Cosa che non esclude un faccia a faccia già questa settimana.
Del resto Letta e Renzi faranno percorsi in parte paralleli, avranno incontri in separata sede con gli stessi interlocutori, con il secondo che punta a chiudere un accordo sulla legge elettorale già al termine di questa settimana. E se qualcuno sospetta che con una legge elettorale nuova Renzi potrebbe forzare le cose e puntare al voto anticipato, Letta resta convinto che un’agenda condivisa blinderà tutti, compreso il suo partito, in un patto trasparente e all’altezza di un’agenda straordinaria per il 2014.
«Con i segnali positivi che arrivano dalla crescita degli ordinativi e della domanda interna, insieme al calo strutturale dello spread, ogni ipotesi diversa significherebbe buttare alle ortiche i sacrifici sin qui fatti dagli italiani», commentano nello staff del presidente del Consiglio.
Marco Galluzzo


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