«Frode da 52 milioni», Emilio Riva alla sbarra

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Rin­vio a giu­di­zio per Emi­lio Riva, il patron dell’Ilva, altri due ex diri­genti del gruppo ed un ex mana­ger di Deu­tsche Bank Lon­dra, impu­tati nell’ambito di un pro­ce­di­mento per una pre­sunta frode fiscale ope­rata dall’Ilva per 52 milioni di euro. Lo ha deciso ieri il gup di Milano Anna Maria Zama­gni che ha accolto la richie­sta del pm Ste­fano Civardi. Il pro­cesso ini­zierà il 19 mag­gio davanti alla I sezione penale di Milano.

Oltre ad Emi­lio Riva, inda­gato in qua­lità di rap­pre­sen­tante legale e fir­ma­ta­rio della dichia­ra­zione fiscale della società con­so­li­dante Riva Fire Spa e della società con­so­li­data Ilva Spa, andrano a pro­cesso Mario Turco Liveri, inda­gato in qua­lità di respon­sa­bile finan­zia­rio del gruppo Riva, Ago­stino Alberti, com­po­nente del Cda e respon­sa­bile fiscale del gruppo Riva, e Angelo Mor­mina, in qua­lità di ex mana­ging direc­tor di Deu­tsche Bank Lo ndra (non è più nell’istituto di cre­dito dal 2012).

Secondo la rico­stru­zione dell’indagine con­dotta dal pro­cu­ra­tore aggiunto Fran­ce­sco Greco e dal pm Ste­fano Civardi, l’Ilva Spa avrebbe indi­cato nella dichia­ra­zione dei red­diti del 2008 ele­menti pas­sivi fit­tizi per pagare meno tasse al Fisco. Vio­lando, in que­sto modo, l’art. 3 della legge 74/2000, che puni­sce (da 18 mesi a 6 anni) chi, al fine di eva­dere le impo­ste sui red­diti, sulla base di una falsa rap­pre­sen­ta­zione nelle scrit­ture con­ta­bili obbli­ga­to­rie e avva­len­dosi di mezzi frau­do­lenti ido­nei a osta­co­larne l’accertamento, indica ele­menti attivi per un ammon­tare infe­riore a quello effet­tivo o ele­menti pas­sivi fit­tizi. Scen­dendo nel det­ta­glio, gli inda­gati avreb­bero posto in essere una com­plessa ope­ra­zione di finanza ristrut­tu­rata all’unico scopo di con­sen­tire alla con­so­li­data Ilva Spa «l’abbattimento del red­dito mediante l’utilizzazione di ele­menti pas­sivi fit­tizi per 158.979.433 euro e con­se­guen­te­mente per la con­so­li­dante Riva Fire Spa, una pari ridu­zione della base impo­ni­bile e un’evasione di impo­sta Ires pari a 52.463.213 euro».

In pra­tica, secondo la pro­cura di Milano, in que­sto modo non si intac­ca­vano gli utili del gruppo: quest’ultimi, rea­liz­zati in Ita­lia, veni­vano spo­stati all’estero per sfrut­tare un regime fiscale più favo­re­vole, creando così per­dite in Ita­lia per pagare meno tasse nel nostro Paese. Il rispar­mio fiscale per il gruppo, gra­zie a que­ste ope­ra­zioni datate 2007 ma dichia­rate nel 2008, ammon­te­rebbe a poco più di 52 milioni di euro.
A gen­naio, però, l’Ilva ha ver­sato all’Agenzia delle Entrate circa 65 milioni di euro al ter­mine del con­ten­zioso fiscale rela­tivo alla maxi-evasione. Ma ciò non è bastato per evi­tare il rin­vio a giudizio.


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