Dilaga il lavoro nero: il 65% delle imprese usa “irregolari”

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ROMA — Un altro dato negativo si aggiunge alla lista dei mali dell’Italia: cresce il numero delle imprese che utilizzano lavoratori in «nero». Il bilancio che emerge dalle ispezioni compiute dal ministero del Lavoro è sconsolante: nel 2013 sono state passate ai «raggi x» oltre 235 mila aziende (si tratta del 15 per cento delle imprese che impiegano personale): ebbene il 65 per cento di questo campione (pari a 152 mila imprese) è risultato irregolare. Il dato è ancora più allarmante se si pensa che nel 2012 la percentuale delle imprese «irregolari» era del 63 per cento. Una crescita di due punti in due anni, un punto percentuale all’anno. Ma da quest’anno il cerchio si stringerà ancora di più e il ministero del Lavoro promette lotta al «nero» a colpi di «intelligence » e incroci di banche dati.
I dati sulle aziende controllate e sui contributi evasi recuperati sono emersi ieri alla riunione della Commissione centrale di coordinamento per la vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale: si tratta 1,4 miliardi con un calo del 13 per cento sul 2012.
Se si guarda al numero dei lavoratori, si scopre un vero e proprio esercito che produce nell’ombra. Il numero dei lavoratori che sono risultati irregolari è stato pari a 239 mila unità (-19 per cento rispetto al 2012), mentre quello dei lavoratori totalmente «in nero» è stato pari a circa 86 mila unità, anch’esso in calo (-13 per cento) rispetto a quello riscontrato nell’anno precedente.
Aumentano le imprese e calano i lavoratori in nero? La risposta viene dal ministero del Lavoro: «I dati — spiega — sono direttamente legati alla crisi occupazionale, che si ripercuote anche sui fenomeni patologici legati alla gestione del rapporto di lavoro». Insomma aumentano le imprese «pizzicate » ad utilizzare lavoro nero, ma calano i lavoratori solo perché c’è la crisi economica.
Il ministero del Lavoro ha anche fornito le direttive di azione di quest’anno: la pianificazione 2014 prevede almeno 230 mila verifiche (135 mila da parte del ministero del Lavoro, circa 25 mila da parte dell’Inail e circa 70 mila da parte dell’Inps).
Il ministero sottolinea la necessità di riformare in chiave informatica il sistema complessivo della vigilanza e di orientarlo verso due obiettivi: in primo luogo verranno messe in grado di «colloquiare» tra loro le varie banche dati, in seconda battuta gli ispettori potranno accedere direttamente on line alle nuove banche dati.
Su questa linea di intervento già sono stati rinnovati gli accordi di collaborazione tra Ministero del lavoro, Inps, Inail e Agenzia delle Entrate: «L’obiettivo che si intende perseguire nel 2014 — spiegano al ministero del Lavoro — è quello di utilizzare tali informazioni in chiave non solo gestionale, ma anche e soprattutto di intelligence, per l’individuazione, “a monte” dei processi ispettivi, di quegli indicatori di rischio necessari per meglio orientare l’attività di verifica».


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