La dottrina Yellen: Fed, avanti con gli aiuti

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NEW YORK — «Ho sempre trovato le esposizioni del dottor Bernanke molto acute, rassicuranti. E anche poco eccitanti. Vedo che lei segue le sue orme». Delusione o ammirazione? Janet Yellen, al suo primo impegno pubblico da capo della Federal Reserve, ha preso quello del deputato democratico del Colorado Ed Perlmutter come un complimento: è uscita indenne dalla prima prova del fuoco, un’audizione davanti al Congresso che prometteva di metterla alla graticola.
Yellen ha rassicurato i parlamentari sulla continuità della politica della Banca centrale Usa rispetto alla gestione Bernanke, uscito di scena due settimane fa dopo gli otto anni passati alla guida della Fed: l’attuale politica di graduale riduzione degli acquisti di titoli sul mercato (già ascesi dagli originali 85 a 65 miliardi di dollari al mese) continuerà anche in futuro, nonostante i dati della creazione di nuovi posti di lavoro di dicembre e gennaio siano stati deludenti. Solo un marcato peggioramento delle prospettive economiche americane potrebbe spingere a cambiare rotta.
Quanto ai tassi, quelli a breve resteranno a zero ancora a lungo. Anche un calo del livello ufficiale di disoccupazione sotto il 6,5% (indicato a suo tempo dalla Fed come il tasso al di sotto del quale il costo del denaro avrebbe potuto ricominciare a salire) non comporterà aumenti automatici dei saggi d’interesse. Semplicemente, a quel punto i governatori della Fed cominceranno a discutere sul da farsi, tenendo sempre conto che il mercato del lavoro Usa rimane in condizioni molto precarie: la riduzione del numero di cittadini in cerca di impiego è elemento di grande preoccupazione.
L’analisi rassicurante della Yellen è piaciuta ai mercati che hanno reagito alle sue parole con forti rialzi a Wall Street (l’indice Dow Jones è cresciuto di oltre 190 punti sfiorando di nuovo quota 16 mila) a nelle borse europee: da Francoforte (+2%) a Londra (+1,2%), passando per Parigi e Milano (+1%). Alla risalita dello Stock Exchange, che in quattro sedute positive consecutive ha recuperato la metà del terreno perduto nello scivolone di inizio anno, ieri ha dato un contributo anche il rasserenamento sul fronte della finanza pubblica federale.
Quando ormai mancavano due settimane al raggiungimento del tetto del debito pubblico oltre il quale il Tesoro di Washington non potrebbe più indebitarsi, facendo così correre un’altra volta agli Stati Uniti il (sia pure remoto) rischio di un default , i repubblicani hanno deciso di rinunciare al «muro contro muro» con Obama: voteranno un provvedimento che aumenta senza condizioni il tetto del debito fino al marzo 2015. Lo speaker della Camera John Boehner è riuscito a prevalere sull’ala radicale del fronte conservatore convincendo il suo partito che ai repubblicani conviene affrontare la campagna elettorale per il voto di mid term dovendo fronteggiare l’accusa di essere stati rigidi sulla spesa pubblica pur in presenza di un deficit già da tempo in forte calo.
Dopo giorni di tensione sui mercati, causato soprattutto dal peggioramento delle condizioni dei Paesi emergenti, questa tregua ha avuto effetti positivi anche sullo spread tra i titoli del Tesoro italiani e i bund tedeschi: il differenziale si è ulteriormente ridotto a 200 punti base dai 203 di venerdì scorso. Il rendimento dei Btp decennali è ormai sceso al 3,68%.
Durerà? Molti continuano a sostenere che il 2014 sarà un anno turbolento: i problemi dei Paesi emergenti non si risolveranno facilmente mentre l’America, pur restando su un sentiero di sviluppo, non riuscirà a confermare il ritmo di crescita del secondo semestre 2013 (un brillante +3,5% dopo l’1,75% della prima metà dell’anno). Per ora si naviga a vista: «buona la prima» dicono sollevati i mercati a una Yellen che vede l’economia americana al riparo da tempeste internazionali e non ritiene che la maggior prudenza monetaria della Fed danneggerà le economie dei Paesi emergenti. Ma Janet ieri era in luna di miele al Congresso. Domani è un altro giorno.
Massimo Gaggi


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