Napolitano e gli insulti sul web: ogni giorno nuova spazzatura

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ROMA — Certo, ha notato che stavolta il fronte politico-giornalistico attivo in provocazioni e accuse spesso personali ai vertici delle istituzioni stavolta ha stigmatizzato la gogna cui è stata sottoposta la presidente della Camera. «Un attacco eversivo», «uno schifo uscito dalle fogne della rete», un episodio «disgustoso e demenziale», «uno stupro mediatico», «una lapidazione»: così è stato detto e scritto, con condanne oggi trasversali (anche se non totali). Chissà però se per Giorgio Napolitano questo è il segno che tutti hanno compreso come si sia superato davvero il limite. Per lui, i risultati della rincorsa alla volgarità e all’odio scatenata dal video postato nel weekend da Beppe Grillo su Facebook, segnano, sì, un disperante punto di caduta, ma forse non ancora l’ultima frontiera del pericoloso marasma che mette in tensione e paralizza il Paese.
A chi gli ha parlato nelle ultime ore, ha detto: ormai bisogna ogni giorno darsi solidarietà a vicenda, perché ogni giorno c’è una cosa nuova e più ignobile. Stando alle sue riflessioni, infatti, non si deve forse dare solidarietà a quelle deputate che sono state bersaglio di ignobili insulti sessisti e che hanno fatto querela per ingiurie? Non si deve esprimere vicinanza a quella poverina subissata di ingiurie per essersi semplicemente messa con qualche frase fuori linea sul Quirinale e che è stata subissata di ingiurie? Un’allusione riferibile magari alle frecciate lanciate nei confronti dei propri colleghi «talebani» da Paola Pinna, parlamentare del Movimento 5 Stelle non disposta a ottuse obbedienze, fin dal discorso del presidente della Repubblica per il suo secondo insediamento.
Per il capo dello Stato, insomma, «questa» Rete è diventata un canale pronto a raccogliere spazzatura immonda, che poi entra subito in circolo e fa fermentare un clima politico di parossismo imitativo senza precedenti. Barbarie da ogni punto di vista, secondo lui. Da quello istituzionale, perché sta appunto venendo meno anche un minimo di educazione per le istituzioni e per le persone. E anche da quello del più elementare rispetto per le donne, come si è registrato con le deliranti incitazioni alla violenza, le umilianti minacce di stupro, gli annunci di morte, perfino.
Una deriva di delegittimazione generale, che tocca le massime cariche dello Stato e che lo stesso Napolitano sta sperimentando da tempo sulla propria pelle. Per restare all’attualità stretta, la settimana scorsa un deputato grillino gli ha dato del «boia» a Montecitorio e, un paio di giorni più tardi, il Movimento ha presentato alle Camere una grottesca (in quanto, nell’interpretazione dei maggiori giuristi, platealmente infondata) richiesta di messa in stato d’accusa per «attentato alla Costituzione». Chiaro che a questo punto le deprecazioni, le solidarietà di maniera, gli appelli per una tregua che consenta di civilizzare il confronto, non bastano. Serve ben più dei soliti «messaggi in bottiglia» che non vengono mai raccolti, da un’opinione pubbliche che sembra oramai sotto narcosi. Occorre capire che, come il presidente ha ripetuto infinite volte, troppi oggi parlano «confondendo le difficoltà e la crisi della politica con la difficoltà e la crisi della democrazia» e delle istituzioni che la garantiscono sforzandosi di restare, nonostante tutto, poteri neutri.
«In Italia attraversiamo un periodo duro e difficile», aveva spiegato il presidente un paio d’anni fa a New York, durante un dibattito con alcuni studiosi di problemi italiani. «Ma quel che è peggio, per me, è la presenza di un fenomeno che in letteratura si definisce “hyperpartisanship”, ossia di un eccesso di partigianeria e faziosità per cui non esiste più una normale dialettica, ma una guerriglia quotidiana. Nessuno ascolta l’altro, non c’è più dialogo… e tutto questo produce un grave indebolimento del nostro prestigio nel mondo». Uno scenario valido allora, ma ancor più calzante adesso, dopo che il Movimento 5 Stelle è entrato in Parlamento e ha fatto cadere gli ultimi freni inibitori a un mondo (politico e mediatico) sempre più orfano di cultura, discrezione e decoro.
Marzio Breda


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