Sel tentata, ma si spacca su Alfano

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ROMA — «Io al governo con Renzi? Fantascienza», taglia corto Nichi Vendola che cerca di allontanare i fantasmi alimentati ad arte da chi vuole usare Sel in chiave anti-Alfano negli equilibri di un possibile nuovo governo guidato dal sindaco di Firenze. Da 48 ore, il governatore della Puglia e leader di Sel sta cercando a fatica di ridimensionare i «boatos» di marca renziana che parlano di «scissione» e danno «alcuni dei suoi parlamentari» in pista per sostenere il cambio della guardia a Palazzo Chigi: «Se lo schema resta quello del governo Letta non esiste alcuna possibilità per Sel di sostenere Renzi a Palazzo Chigi… Un governo che comprenda i diversamente berlusconiani, è per noi un governo antropologicamente respingente».
Eppure, nonostante le rassicurazioni di Vendola, che si fa vedere in conferenza stampa accanto ad Alexis Tsipras, nella trincea di Sel qualcosa si muove. C’è un’immagine plastica — che gira nei tg della sera — in cui si vede un Renzi sorridente che incontra all’esterno di Montecitorio Gennaro Migliore (il numero due del partito di Vendola) e lo bacia con una familiarità che non corrisponde alle dichiarazioni ufficiali. Migliore, poi, è anche il deputato che ha discusso per settimane i dettagli della legge elettorale con i renziani Maria Elena Boschi e Gianclaudio Bressa.
Il dramma di Sel ha un nome e cognome: Angelino Alfano. Perché, salendo sul treno di Renzi, la prospettiva sarebbe poi quella di dover condividere il viaggio con il ministro dell’Interno del caso Shalabayeva contro il quale proprio Sel presentò una mozione di sfiducia. «Se Sel va al governo con gli ex berlusconiani i nostri militanti arriveranno a Roma con i forconi», dicono ai piani alti di Sel.
Eppure molti parlamentari di Sel sono in mezzo a un vero tormento che, da un lato, apre la strada indicata dal carisma magnetico del leader comunista greco Tsipras e, dall’altro, quella della socialdemocrazia europea del Pse.
A sentire il deputato Claudio Fava — che dagli anni lontani della sceneggiatura dei «Cento Passi» è arrivato a un passo della presidenza dell’Antimafia — questa eventuale occasione offerta da Renzi non va scartata a priori: «Certo, di tutto questo si discuterà all’assemblea nazionale di sabato. È quella la sede in cui il partito prenderà le sue decisioni. Personalmente, ritengo che un’eventuale proposta di Renzi vada valutata solo se rappresenta un vero cambio di passo rispetto al governo Letta. Andrà giudicata, questa proposta, anche sulla base di quello che ci dirà Renzi sulla maggioranza che intende aggregare: ecco, Renzi ci deve dire da chi vuole farsi accompagnare e poi decideremo». Anche di votare la fiducia se ci sarà a breve un nuovo governo Renzi? «Dipenderà da quello che ci viene raccontato».
Al Senato, dove i voti di Sel pesano molto, il pugliese Dario Stefàno (presidente della giunta per le Immunità che ha condotto in porto la difficile partita della decadenza di Berlusconi), ragiona da riformista (e con lui altri tre colleghi) e cita le esperienze di governo targate Sel-Pd in Puglia, nel Lazio, in Friuli e in prospettiva in Sardegna: «Sarebbe un errore non valutare questa proposta tanto più se il progetto di Renzi prevede forti elementi di discontinuità. Perché se si tratta solo di un cambio di leadership vorrà dire che Renzi ama solo gli esercizi di potere».


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