Le minacce nei cieli e i sistemi di difesa delle linee israeliane

Le minacce nei cieli e i sistemi di difesa delle linee israeliane

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«Nel 1973 eravamo tutti sicuri che gli arabi non ci avrebbero attaccati e con la guerra del Kippur sono arrivati vicini a distruggere Israele. Da allora abbiamo sviluppato la teoria del decimo uomo: se nove di noi sono convinti che un pericolo non si manifesterà, il decimo deve trovare tutti i motivi per i quali invece quel pericolo è reale e imminente». Così il capo del Mossad Jurgen Wambrumm, in una Gerusalemme assediata dagli zombi, spiega all’agente dell’Onu Gerry Lane perché è stato costruito appena in tempo un muro per tenere fuori dallo Stato ebraico i non morti. Ovviamente siamo in un film, World War Z, e il dialogo è tra due attori, Ludi Boeken e Brad Pitt. Ma l’ossessione di Israele per la sicurezza, dopo decenni di guerre più o meno calde con gli stati e i guerriglieri arabi, è più che reale.
Il sistema Iron Dome, che sta intercettando i razzi di Hamas, ne è la dimostrazione. Ma nessuno schermo anti balistico è efficiente al 100 per cento: così ieri un razzo ha superato la «cupola di ferro» ed è caduto a due chilometri dall’aeroporto Ben Gurion, portando alla chiusura temporanea dello scalo e alla rinuncia a volare su Tel Aviv da parte di alcune tra le più grandi compagnie aeree. Anche perché, inutile negarlo, il mondo è ancora sotto l’impatto emotivo dell’abbattimento nei cieli ucraini del Boeing 777 della Malaysia Airlines, con a bordo 298 persone, con un missile terra-aria il cui lancio è stato attribuito ai guerriglieri filorussi.
Tra i due eventi c’è però un’enorme differenza. Un razzo viene sparato in base a una serie di coordinate balistiche, esattamente come un colpo di cannone, e non ha autoguida. Un missile viene portato sul bersaglio da un sistema spesso molto sofisticato: il complesso terra-aria Buk che forse ha colpito il Boeing malaysiano ha una guida radar ed è capace di raggiungere una quota operativa di 14 mila metri nelle versioni più datate (un aereo di linea vola sui 10 mila) e di 22/25 mila metri in quelle più recenti (dati diffusi da RID, Rivista italiana difesa ). Si tratta di sistemi d’arma costosi e impiegati da personale molto addestrato, che solo gli eserciti regolari si possono permettere.
In realtà il pericolo più consistente per gli aerei di linea, sostengono gli esperti militari, viene dai cosiddetti Manpads (Man-portable air-defense systems ), i lanciamissili portatili a spalla con guida radar o a infrarossi (ossia guidati sul bersaglio dal calore emesso dal motore del velivolo-bersaglio). Sono ordigni letali per i velivoli in decollo e in atterraggio. Nella difesa anti Manpads Israele è all’avanguardia e ha dotato i 30 aerei della El Al, la sua compagnia di bandiera, del C-Music: il sistema individua un missile in arrivo, ne stabilisce la frequenza di guida negli spettri dell’infrarosso e dell’ultravioletto e in 2-5 secondi «spara» un raggio laser ad alta temperatura che ne disturba il sistema di guida e lo devia dal bersaglio.
Israele ha cominciato a dotare i suoi aerei di sistemi antimissile dopo che nel 2002 due missili lanciati da terra mancarono di poco un charter della compagnia Arkia appena decollato dall’aeroporto keniano di Mombasa. Dapprima sono stati adottati i Flight Guard , che usavano dei razzi pirotecnici (in pratica fuochi d’artificio) come fonti di calore per confondere i missili. Ma erano sistemi pericolosi per le installazioni al suolo: la Faa, l’ente aereonautico Usa, ne aveva vietato l’uso negli aeroporti americani. Anche la Northrop Grumman ha prodotto un sistema simile al C-Music, chiamato Guardian e montato sul velivolo ufficiale della cancelliera tedesca Angela Merkel e solo il costo elevato ne impedisce una maggiore diffusione. D’altronde il pericolo è reale: secondo la rivista Aviation Week , in Libia dopo la guerra civile c’erano oltre 20 mila Manpads, di cui solo 5 mila risultano distrutti. L’ipotesi che quelli mancanti siano finiti nelle mani dei gruppi guerriglieri non è peregrina.
Paolo Rastelli



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