Il piano del governo per il 2015 Bonus con il «quoziente familiare»

Il piano del governo per il 2015 Bonus con il «quoziente familiare»

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ROMA — Non una grande modifica ma un ritocco sì. Resta sempre il bonus da 80 euro l’argomento più importante sui tavoli di Palazzo Chigi. Il governo ha detto che l’anno prossimo lo sconto sull’Irpef sarà garantito a chi lo sta ricevendo in questi mesi, i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 26 mila euro lordi l’anno. E che sarà difficile estenderlo alle altre categorie di cui pure aveva parlato: i pensionati, i lavoratori autonomi e gli incapienti, cioè quelli che dichiarano talmente poco da non pagare le tasse. Ma c’è l’intenzione di dare comunque un segnale, di rafforzare un meccanismo che, se finora non ha dato quella spinta all’economia che molti si aspettavano, sicuramente ha avuto un ruolo importante nel successo del Pd alle elezioni europee. Per il prossimo anno il governo studia la possibilità di correggere il bonus con il cosiddetto quoziente familiare, alzando la soglia massima di reddito per le famiglie numerose. Oggi le regole del bonus sono semplici ma non sempre eque: gli 80 euro in busta paga vanno a chi guadagna meno di 26 mila euro lordi e nulla cambia se ha tante persone a carico oppure no. Dal prossimo anno, con la legge di Stabilità da approvare ad ottobre, la soglia potrebbe essere alzata per le famiglie che vivono con un solo stipendio a seconda del numero dei figli: il limite potrebbe salire a 31 mila euro con due figli a carico, a 40 mila con tre, a 50 mila con quattro.
La misura era stata già studiata a maggio, quando il decreto sullo sconto Irpef era arrivato in Parlamento per la conversione in legge. Alla fine non se ne era fatto nulla ma ha il vantaggio di non costare troppo, tra i 200 e i 300 milioni di euro l’anno. E, soprattutto, farebbe salire il numero delle persone coinvolte senza togliere il bonus a nessuno. Il discorso sarebbe diverso se, oltre al numero dei figli, si tenesse conto del reddito non personale ma dell’intera famiglia. Anche questo correttivo era stato esaminato in Parlamento ma era stato archiviato subito e anche stavolta è destinato alla stessa sorte. In questo caso chi sta incassando adesso gli 80 euro ma ha una moglie o un marito con un reddito alto potrebbe perdere lo sconto. Ma questo significherebbe rimettere tutto in discussione e «redistribuire» il bonus, togliendolo ad alcuni e dandolo ad altri: mossa tecnicamente complicata e politicamente scivolosa. Per questo l’unico intervento possibile è quello per le famiglie numerose con un solo stipendio, forse la distorsione più evidente nel meccanismo attuale.
Naturalmente tutto dipende dai soldi necessari per l’operazione. Per mantenere il sistema di adesso servono 10 miliardi di euro, più gli altri 200-300 milioni in caso di estensione per le famiglie numerose. Le risorse dovrebbero arrivare dai tagli alla spesa pubblica, con i 17 miliardi di risparmi previsti dal governo nel Def, il Documento di economia e finanza, che però serviranno a coprire anche altre spese. I lavori sono ancora in corso ma a grandi linee gli obiettivi sembrano già delineati. Il grosso dei risparmi dovrebbe arrivare dalle forniture della pubblica amministrazione: 6-7 miliardi grazie all’accorpamento delle centrali d’acquisto di Stato ed enti locali, che oggi sono 35 mila, e che facendo massa dovrebbero riuscire a spuntare prezzi più vantaggiosi. Obiettivo molto ambizioso, specie considerando che il processo di accorpamento delle centrali d’acquisto è stato rinviato più volte, ma che il governo considera possibile. Altri 4 miliardi di euro dovrebbero arrivare da interventi di razionalizzazione sempre sulla pubblica amministrazione: dalla riduzione delle società partecipate alla digitalizzazione delle procedure passando per la gestione degli immobili. Un altro miliardo riguarda i costi della politica, come effetto delle misure già prese, dall’eliminazione degli organi politici delle province ai tetti sugli stipendi di manager e dirigenti. Poi ci sono un serie di misure di settore con le quali il governo punta a raccogliere tra i 4 e i 5 miliardi: dall’eliminazione degli incentivi alle imprese, che dovrebbe valere non più di 2 miliardi contro i 10 stimati ai tempi del governo Monti, passando per l’applicazione del meccanismo dei costi standard per i servizi degli enti locali fino alla riduzione dell’illuminazione stradale che tanto piace al commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Il totale delle singole voci è una forchetta compresa ta i 15 e i 17 miliardi. In teoria ci siamo, ma il cammino della legge di Stabilità è ancora lungo e pieno di curve.
Lorenzo Salvia


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