«Niente articolo 18 per i neoassunti»

«Niente articolo 18 per i neoassunti»

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ROMA — Il segnale è forte. Il disegno di legge delega, il Jobs act, sulle nuove regole del mercato del lavoro porta al superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. A mettere in discussione il totem, che disciplina e impedisce i licenziamenti senza giusta causa, è l’emendamento all’articolo 4 presentato dal governo ieri mattina. Nel testo è indicato che le nuove assunzioni a tempo indeterminato verranno fatte utilizzando contratti a tutele crescenti, in base all’anzianità di servizio. Ciò che appare chiaro da subito è che un lavoratore, neoassunto o riassunto, non avrà gli stessi diritti e le tutele previsti attualmente dai contratti a tempo indeterminato. Le forme di garanzie e di protezione disciplinate dal rapporto di lavoro verranno acquisite gradualmente. Per conoscere i termini di questa gradualità bisognerà attendere i decreti delegati, predisposti dal governo entro sei mesi dal via libera del Parlamento alla delega, atteso per la fine dell’anno.
Vale precisare che nel testo dell’emendamento non c’è un cenno diretto al superamento dell’articolo 18, ma l’esecutivo nei decreti delegati avrà gioco facile per esplicitare cosa intenda per tutele crescenti. Il nodo della questione è sul tappeto da settimane: in caso di licenziamento a tutela del lavoratore è previsto solo un indennizzo, correlato all’anzianità, o sopravvive una qualche forma residuale del principio di reintegro. Come noto, nel Pd la discussione sulle nuove regole del lavoro sta creando profonde fratture, che si allargano all’intera maggioranza di governo. Le parole di ieri di Maurizio Sacconi (Ncd), relatore del provvedimento in commissione Lavoro al Senato, somigliano però a una sentenza: «La mediazione politica è che per i nuovi assunti non ci sarà più l’articolo 18».
Mentre il governo presentava l’emendamento, il premier Matteo Renzi è intervenuto per ribadire: «Dobbiamo ridurre il costo del lavoro, diminuire il peso della burocrazia e a chi crea posti di lavoro vogliamo lanciare un messaggio forte e chiaro, l’Italia ha tanta voglia di investire sul domani». Il presidente, durante una sua visita al quotidiano La Stampa , è tornato a parlare dell’articolo 18 spiegando che «il suo superamento significa prendersi cura del lavoratore nel momento in cui esce dal mercato del lavoro. Il concetto è che noi dobbiamo liberare la possibilità di assumere e, per chi non ce la fa, non avere le rigidità che ha avuto il mercato del lavoro finora». Il presidente del Consiglio prefigura, inoltre, l’obiettivo di «avere le stesse regole per tutti. Che tu abbia lavorato in una azienda che abbia più di quindici dipendenti o meno, devi avere le stesse garanzie. Per un anno puoi fare un corso di formazione o un investimento su di te. Non c’è solo un indennizzo, ma è lo Stato che ti accompagna per un periodo». Una misura del genere richiederebbe, tuttavia, delle coperture. Mentre la riforma del lavoro è a costo zero.
Nell’emendamento presentato ieri sono previste due ulteriori novità: una revisione del divieto delle tecniche di controllo a distanza (sorveglianza e telelavoro), e la possibilità del demansionamento del lavoratore in caso di necessità dell’azienda. Il testo verrà votato oggi, dopo il parere della commissione Bilancio, mentre l’arrivo in Aula al Senato è previsto il 23 settembre. Se tutto fila liscio il governo, insomma, non interverrà con un decreto, così come ventilato dal premier, nel caso il Parlamento non avesse approvato velocemente la delega. L’emendamento al Jobs act, come prevedibile, è finito impallinato dai sindacati. Per il leader della Uil, Luigi Angeletti, si tratta di una «pessima idea». Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, definisce l’articolo 18 come «lo scalpo» che Renzi porterà in Europa per spuntare maggiore flessibilità sui conti pubblici. Più cauto Raffaele Bonanni della Cisl: «Il contratto a tutele crescenti per noi va bene ma l’unica condizione è che serva ad assorbire, a far fuori tutte le truffe in cui sono incappati i giovani». Un’idea che coincide con l’obiettivo del governo di sfoltire una selva di contratti di lavoro e utilizzare quello a tutele crescenti come principale forma di inserimento nel mondo del lavoro.
Andrea Ducci



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