I bombardieri egiziani martellano l’Isis

I bombardieri egiziani martellano l’Isis

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WASHINGTON Ha funzionato in Siria e ora lo riproducono in Libia. È lo stesso scenario. Video, esecuzioni di innocenti, prigionieri trucidati. Con due attori principali, ma altri che assistono indecisi sul cosa fare.
L’Egitto, furioso per il massacro dei 21 cristiani copti sulle rive del Mediterraneo, ha lanciato la sua rappresaglia. Un primo raid nella notte di domenica, seguito da altre incursioni dei suoi caccia su Sirte, Derna e Bengasi.
Gli F-16 sono decollati portando sulla coda la scritta «Lunga vita all’Egitto» e hanno sganciato bombe sulle posizioni tenute dai filo-Isis. In azione anche i Mig libici del generale Haftar che hanno fiancheggiato l’operazione dell’alleato. Gli attacchi avrebbero causato la morte di oltre 60 militanti e di tre loro dirigenti. Ma forse anche di civili. O perlomeno è quello che denuncia il governo islamista di Tripoli in contrasto con l’esecutivo di Tobruk che, ovviamente, è al fianco dell’Egitto.
Al martellamento dal cielo, il fronte integralista ha reagito con mosse prevedibili. La milizia Fajr avrebbe dato 48 ore di tempo ai cittadini egiziani per lasciare la Libia mentre la fazione Ansar al Sharia ha annunciato la cattura di 35 operai del settore agricolo arrivati dall’Egitto. C’è il rischio che possano essere usati come scudi umani oppure assassinati per ritorsione.
Il Cairo teme per i suoi cittadini in Libia e per questo sta organizzando un ponte aereo che potrebbe usare come snodo la Tunisia, dove sono scattate nuove misure. Forze locali pattugliano i confini mentre è cresciuto il numero delle motovedette lungo le coste: i servizi di sicurezza hanno segnalato che numerosi estremisti tunisini sarebbero passati in Libia.
Gli scambi di colpi si alternano alle iniziative diplomatiche. Il presidente egiziano, il generale Abdel Fattah al Sisi, ha incassato il sostegno aperto degli Emirati Arabi. Supporto che segue l’azione militare congiunta condotta qualche mese insieme con gli egiziani. Allora gli F-16 del piccolo Stato condussero alcuni raid «segreti» sempre contro le componenti più radicali.
Sempre Al Sisi ha inviato il suo ministro degli Esteri al Palazzo di Vetro dell’Onu per chiedere un intervento internazionale in Libia. Iniziativa condivisa con la Francia: il presidente François Hollande ha agito in tandem con gli egiziani.
Una collaborazione resa ancora più forte dalla conclusione di un accordo militare in base al quale l’Egitto ha acquistato 24 aerei da combattimento Rafale e altro materiale per un contratto da 5 miliardi di dollari. «E nato un nuovo patto antiterrore», ha sottolineato Parigi.
Grande attenzione sul quadrante da parte di Washington. Fonti americane sottolineano come il cuore dell’Isis in Libia sia Derna, dove agiscono quasi mille mujaheddin dispersi in vari campi d’addestramento. Sembra una mezza dozzina, tra città e dintorni. Da sempre legata all’integralismo, la località ha visto crescere il numero dei militanti, compresi i 300 reduci dal conflitto siro-iracheno.
A questo proposito qualche osservatore non ha escluso che l’Isis abbia inviato anche qualche esperto del fronte propaganda. Il video dell’uccisione dei copti è molto curato, diverso dai precedenti filmati piuttosto amatoriali.
È la copia perfetta — come scena, particolari e tempi — di quelli prodotti dal movimento in Siria, un documento registrato probabilmente in gennaio nei pressi di Sirte.
Guido Olimpio


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