Frasi choc dopo il suicidio in cella Gli agenti sul web: «Uno in meno»

I commenti sulla pagina Facebook dell’Alsippe sono stati eliminati alcune ore dopo, ma la loro traccia non è scomparsa: «Un rumeno in meno»; «Scommettiamo che il giudice metterà sotto inchiesta chi era in servizio?»; «Mettere a disposizione più corde…»; «-1»; «Questo passo dovrebbero farlo in tanti»; «Ottimo, speriamo abbia sofferto». Ai commenti si sono aggiunti i «mi piace», quasi a innescare una gara di cinismo. Qualcuno ha tentato di riportare la calma e la ragione: «Comprendo i disagi gravi del vostro lavoro, ma la morte non si augura a nessuno». L’esito è fallimentare: «Lavora tu in un istituto poi vedrai. Per questo mestiere devi avere core nero ». Quasi tutti i commentatori sono agenti in servizio nelle carceri di mezza Italia. Coloro ai quali lo Stato ha dato «in custodia le persone private della libertà».
Dal punto di vista numerico la sigla dell’Alleanza sindacale rappresenta una assoluta minoranza degli agenti. I primi a prendere le distanze sono gli altri sindacati (certamente più rappresentativi) di polizia penitenziaria: «Parole che umiliano il nostro lavoro e i nostri sforzi». Tra i seicento agenti in servizio nel supercarcere di Opera, nessuno o quasi fa riferimento all’Alsippe: «Mi auguro che chi ha fatto questi commenti non indossi mai più una divisa — dice amareggiato il direttore del penitenziario, Giacinto Siciliano —. Questa vicenda è un’offesa per noi e per la famiglia della vittima. Facciamo sforzi enormi per evitare i suicidi in cella».
Dal coro di indignati (dalle associazioni per il reinserimento dei detenuti fino a deputati e senatori) il solo distinguo arriva dal leghista Matteo Salvini: «Conoscendo quali sono le condizioni in cui lavorano gli agenti non dico che giustifico, ma capisco».
Cesare Giuzzi
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