L’Europa salpa verso la Libia e rifiuta le quote di ripartizione dei migranti
Immigrazione. Mentre continuano gli sbarchi dei migranti sulle nostre coste (solo ieri 1.436 persone), i ministri degli esteri della Ue hanno approvato la prima fase della missione di pattugliamento al largo della Libia. Nella bozza del documento che verrà discusso al vertice di giovedì e venerdì prossimi c’è anche il poco onorevole compromesso che l’Europa ha raggiunto sulla ripartizione dei migranti: si parla di 40 mila richiedenti asilo che verranno distribuiti su base volontaria e non sotto il vincolo di quote obbligatorie
Nella più totale confusione, mentre nel Mediterraneo succede di tutto, l’Europa continua ad annaspare. Si imbarca in una missione militare dai contorni poco chiari (manca ancora il via libera dell’Onu) e finge un onorevole compromesso sulla ripartizione di pochi migranti nei vari paesi. Un nulla di fatto che qualcuno spaccia per svolta epocale (il passo avanti).
Ieri, all’unanimità, i ministri degli esteri della Ue hanno dato il via libera alla prima fase della missione navale EuNavForMed per tentare di bloccare le partenze dei migranti dalla Libia colpendo gli scafisti (non si sa come e con quali regole di ingaggio). Si presume a terra, nei porti, perché altrimenti si colpirebbero i migranti. Nella prima fase, che sarà operativa tra una settimana, 5 navi militari, 2 sottomarini, 3 aerei da ricognizione, 2 droni, 3 elicotteri e “un migliaio” di soldati si limiteranno a rinforzare il pattugliamento in alto mare e allo “scambio di informazioni”. I militari specificano che “lo scopo principale non è il salvataggio ma la lotta contro i trafficanti di esseri umani”. Le navi, in ogni caso, saranno tenute a salvare i migranti già salpati verso la Sicilia.
Solo in una fase successiva, fase due, dovrebbero essere distrutti i barconi degli scafisti, una opzione che l’Europa non può dare per scontata perché l’uso della forza in acque libiche — per non dire di operazioni di terra già ipotizzate in precedenza — deve necessariamente essere ratificata da una risoluzione Onu. E in quella sede una seconda catastrofica avventura in Libia incontrerà sicuramente molte difficoltà. Si tratterebbe infatti di un’azione di guerra, in un tratto di mare dove proprio ieri un gommone pieno di migranti sarebbe stato bersagliato con colpi di arma da fuoco sparati da una motovedetta libica (c’è un morto, e la smentita del governo libico). Facile immaginare cosa potrebbe accadere se e quando la missione prenderà i contorni di un’aggressione militare con tanto di blocco navale.
Questo non rientra nei piani dell’Europa? Allora non bisogna essere esperti di Risiko per comprendere che limitarsi a pattugliare uno spicchio di Mediterraneo sarebbe come galleggiare nell’impotenza d fronte a carrette piene di disperati da salvare. Ecco perché l’Unione europea in tuta mimetica non può aver fatto altro che approvare un maldestro tentativo di bloccare le partenze facendo muro con navi da guerra. Per l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini, invece “è la prima volta che l’Unione europea affronta il tema dell’immigrazione seriamente”. Anche la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, è soddisfatta ma non troppo: “Il tema della sicurezza del Mediterraneo ora è condiviso. Non è ancora quello che vogliamo, non percepiamo ancora un’Europa solidale come la vorremmo”.
La riflessione è condivisibile se si legge tra le righe del compromesso che, sempre ieri, l’Europa ha raggiunto sulla redistribuzione dei migranti. Nella bozza, che diventerà documento ufficiale nel vertice di giovedì e venerdì prossimi, ci sarebbe un accordo per la distribuzione di 40 mila rifugiati “in chiara necessità di protezione internazionale” che attualmente sono in Italia e Grecia. Succederà “entro la fine di luglio”, quando gli stati dovranno mettersi d’accordo sul meccanismo di distribuzione definito comunque “temporaneo ed eccezionale”. Significa che i paesi rifiutano il meccanismo delle quote obbligatorie, dunque non esiste un piano complessivo per una nuova politica dell’immigrazione capace di far fronte a un fenomeno che è strutturale e non emergenziale. Risolti i problemi per questi 40 mila rifugiati, il “problema” si porrà nuovamente tale e quale. Lo aveva già detto senza giri di parole il presidente francese Hollande in visita all’Expo mentre Renzi faceva lo spiritoso con la baguette alla nutella: “La formula delle quote non è presa in considerazione, crea confusione, serve un’altra formula”. Dunque, in questa Europa, non esisterà alcun accordo che obbligherà gli stati ad accogliere i migranti.
Nella bozza in discussione al prossimo vertice c’è dell’altro, ovvero “la creazione di zone di frontiera e servizi strutturati negli stati in prima linea”. In Italia e in Grecia. Sono i cosiddetti “hotspots”, nuovi centri di identificazione che per non trasformarsi in nuovi centri di detenzione dovranno essere organizzati e governati come mai l’Italia è stata capace di fare, dal 1998 fino ad oggi. Per quanto tempo potranno essere “ospitati” i richiedenti asilo? Come comportarsi con chi è sprovvisto di documenti? Potranno muoversi liberamente? Vista la gestione para mafiosa di altri centri di raccolta, chi gestirà questi nuovi centri? Questi sono dettagli di poco conto per i ministri della Ue, per ora si sa solo che verranno finanziati anche dall’Europa. Sarebbe questa elemosina l’unico aiuto concreto che il governo Renzi è riuscito a strappare.
Ne è previsto uno in Sicilia, e non sarà l’unico. Non è abbastanza. Perché nel frattempo, mentre i vertici posizionano navi da guerra e partoriscono non soluzioni, migliaia di esseri umani ogni giorno costringono l’Europa a fare i conti con la realtà. Solo ieri, 914 persone salvate da una nave militare inglese sono sbarcate nel porto di Taranto. Altre 522, tratte in salvo da una nave tedesca, hanno raggiunto Salerno. In tutto, informa in serata la Guardia Costiera di Roma, lunedì sono state salvate al largo della Libia 2.518 persone in 15 imbarcazioni.
A Ventimiglia, intanto, prosegue la protesta dei migranti sugli scogli. L’istantanea più potente del declino dell’Europa.
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