Da Bamako a Parigi, il fronte infinito la sfida all’Occidente della jihad globale

Da Bamako a Parigi, il fronte infinito la sfida all’Occidente della jihad globale

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DA Parigi a Bamako, la Francia è sotto attacco del jihad globale. Se nella capitale transalpina a condurre gli attacchi sono gli uomini dell’Is, in quella maliana sono quelli di Al Murabitun e dell’Aqmi, come parrebbe dalle prime rivendicazioni, formazioni legate a Al Qaeda. Anche se la battaglia, sia pure a diversa latitudine, è la medesima. Come del resto conferma l’invio in Mali, per mettere fine al sequestro dell’Hotel Radisson, dei Gign, i gruppi speciali della Gendarmeria nazionale. Il fronte è ovunque. Sopratutto laddove la Francia è coinvolta direttamente sul campo.
In Mali, crocevia strategico tra il Maghreb e il Sahel, operano diversi gruppi jihadisti. La loro presenza è il frutto della saldatura tra militanti del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, una delle costole del dissolto Gia protagonista della guerra civile algerina negli anni Novanta, con combattenti stranieri e settori della popolazione locale, in particolare quella tuareg. ll gruppo Murabitun è il prodotto della fusione della fazione guidata da Mokhtar Belmokhtar, la Brigata dei Molathamun, creata dal jihadista algerino dopo il suo allontanamento da al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) più per ragioni personali che ideologiche, con elementi del Movimento per il monoteismo e il jihad in Africa occidentale (Mujao). Il “Battaglione del sangue” era formato in larga parte da combattenti stranieri ideologicamente legati a una concezione del jihad globale. Tra le sue azioni più eclatanti, l’attacco nel 2013 all’impianto di estrazione e raffinazione del gas in Algeria, a In Amenas.
Ma anche il gruppo di Belmokhtar, legato comunque sin qui Al Qaeda storica in nome delle comuni esperienze “afgane”, ha subito una scissione. Esito classico nel frastagliato movimento islamista radicale, dove i comandanti militari tendono a autonomizzarsi, ma che in Africa assume dimensioni parossistiche. Così il gruppo guidato da Adnan Abou Walid Al Sahraouin, che opera nella regione di Menaka, nel nord del Mali, si è affiliato allo Stato islamico(Is). L’assalto al Radisson sembra, dunque, il prodotto della volontà qaedista di marcare un punto in un panorama jihadista ormai sbilanciato a favore dell’Is.
Belmokhtar è un “signore della guerra” che ha saputo abilmente collocarsi al centro dei grandi traffici che alimentano la lucrosa economia parallela nel Sahara: armi, droga, sigarette, uomini.
In questa terra di nessuno segnata da grandi spazi e vuoti incontrollabili, il gruppo del Guercio, uno dei sopranomi affibbiati all’algerino, si è fatto conoscere più per capacità logistiche che operative. Chiunque necessiti di armi, mezzi di trasporto, o materiali provenienti da traffici illeciti, si rivolge a lui. A parte i sequestri di persona e gli assalti ai luoghi in cui si possono trovare occidentali, il gruppo si è distinto sul piano militare quasi esclusivamente per aver minato le strade in cui transitano i convogli della missione Onu in Mali. Per potersi meglio muovere sul terreno, Belmokhtar ha compiuto la tipica scelta dei mujahidin in Afghanistan, paese nel quale narra di essersi recato in giovanissima età: il matrimonio con membri della popolazione locale. Si è sposato con donne tuareg. Un legame, quella con gli “uomini blu” che si battono per l’indipendenza, che ha lo scopo di garantire la protezione tribale e clanica indispensabile per muoversi in sicurezza in un mare di sabbia che pullula di nemici .
I tuareg costituiscono anche la base di Ansar Eddine, protagonista della campagna offensiva sfociata nella conquista del nord del paese alla quale la Francia ha risposto con l’invio di un contingente che ha respinto i ribelli. Il suo leader Liyad ag-Ghaly che in passato ha avuto buoni rapporti con l’Aqmi, sembra oggi più vicino allo Stato Islamico. In un audio realizzato prima degli ultimi attentati di Parigi, egli ha esortato a combattere la Francia, ritenuta responsabile non solo di aver consentito che Charlie Hebdo denigrasse il Profeta, ma anche di aver imposto l’accordo di pace firmato a Algeri dai Movimenti dell’Azawad, sigla che raggruppa le fazioni tuareg che hanno abbandonato l’alleanza tattica con i jihadisti, e dai filogovernativi della Piattaforma.
Nel sud del Mali si muove, invece, il Fronte di Liberazione di Macina, guidato da Amadou Koufa, predicatore che punta a fare di Mopti la capitale locale del califfato e ha stretti legami con Ghaly. Tanto che il gruppo ha una stretta collaborazione operativa con la katiba Khalid Ibn Walid, la branca di Ansar Eddine nella zona. Una galassia, quella islamista radicale nella regione maliana, unita solo da principi e nemici: il jihad e la volontà di battere l’odiata “Francia crociata”.


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