Nuova strage nell’Egeo. E Berlino chiude le porte

Nuova strage nell’Egeo. E Berlino chiude le porte

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Con un pizzico di orgoglio si può dire che se non fossero entrati in azione due motovedette della Guardia costiera italiana, chiamate da Frontex, il bilancio della strage del mare di ieri sarebbe stata persino peggiore.

Già così si contano almeno 39 persone che mancano all’appello, tra cui cinque bambini, questi facevano parte di un barcone di oltre cento profughi che si è incagliato sulla costa turca a largo di Ayvacik, appena partito dalla vicina località di Bademli, distretto di Canakkale.

Il barcone era diretto a Lesbo e la guardia costiera turca è riuscita a trarre in salvo solo 75 persone. Il sincaco di Ayvacik, Mehmet Sahim Unal, ha riferito alla Cnn turca che «la gente del posto è stata svegliata dalle urla dei migranti quando ancora era buio e ha partecipato ai soccorsi fino all’alba. Abbiamo un litorale lungo ottanta chilometri proprio di fronte all’isola di Lesbo che è molto difficile tenere sotto controllo», ha aggiunto quasi scusandosi, lui, di non riuscire a fare di più in questa catastrofe che paralizza l’Europa intera e non impegna la Turchia se non a chiedere più soldi alla Ue per trattenere chi vuole imbarcarsi.

Secondo l’agenzia turca Dogan i cinque bambini sono morti di ipotermia e il barcone era composto di siriani, afghani e birmani.

A poche miglia marine di distanza, ma sul versante greco, intanto, due motovedette italiane — a Kos e a Samos — hanno soccorso tre gommoni salvando complessivamente 46 migranti, tra cui una donna incinta e cinque bambini, tutti al di sotto dei tre anni. La squadra italiana, composta anche da rescue swimmers — cioè sommozzatori addestrati al salvataggio di naufraghi — pare che sia riuscita a salvare tutti i naufraghi, pur operando in condizioni difficili, dato il mare mosso. Segno che l’esperienza dell’operazione Mare Nostrum, che aveva il precipuo compito di salvare le vite umane in mare e non di scoraggiare i migranti, non è andata ancora dispersa.

Ieri da Ankara sono arrivate dichiarazioni sbalorditive: la ministra per la Famiglia e gli Affari sociali del governo Davutoglu, Sema Ramazanoglu, ha dichiarato che «l’85 per cento dei quasi tre milioni di rifugiati siriani che sono attualmente in Turchia non vogliono tornare in patria data la situazione — voleva intendere la guerra che dura da cinque anni, i bombardamenti e le città assediate dove si muore di fame, i tagliagole — e quindi la soluzione è integrarli in Turchia».

Anche Frau Merkel ieri, durante un discorso a Neubrandeburg, a una festa della Cdu, ha fatto una sua riflessione sulle intenzioni dei siriani richiedenti asilo. Secondo lei — più ottimista sulla risoluzione del conflitto in Siria della ministra turca — è possibile ipotizzare un tempo di validità di tre anni per i permessi ai siriani, comunque uno status di protezione a tempo, ricordando che dopo la fine della guerra in Jugoslavia «il 70 per cento dei rifugiati è tornato a casa».

Dunque sospendendo per due anni la possibilità di chiedere permessi di ricongiungimento familiare — come dispongono le misure che la vice cancelliera Julia Klöckner, cattolica integralista della Cdu, sta mettendo a punto, il cosiddetto «piano A2»- si aiuterebbe questo desiderio di ritorno, oltre a sollevare il governo federale dai costi di integrazione.

Il piano sarà varato a giorni, il ministro degli Interni Thomas de Maizière ha già suonato la sveglia con una intervista sull’ultimo numero del settimanale der Spiegel sulla crisi dei migranti. Non cade nella trappola, de Maizière, di considerare fallito il piano A della Merkel — porte aperte ai siriani e spartizione in quote dei rifugiati in Europa — , si limita a dire che con la primavera alle porte, gli attuali duemila arrivi al giorno potrebbero lievitare e quindi «il tempo stringe».

Il ministro dice che un’idea su cui si sta discutendo «tra i paesi dell’Europa Sud-orientale» è non solo di escludere la Grecia dalla zona Schengen ma di bloccare la strada dei migranti all’altezza della frontiera tra Slovenia e Croazia.

Il ministro greco per le Migrazioni, Yannis Mouzalas, sul giornale austriaco der Standard difende l’operato del governo Tsipras. «La nostra priorità — fa notare — resta salvare i profughi in mare».

Mentre da Ankara a Berlino tutti sembrano interessati a cosa faranno i profughi in futuro, venerdì a Larissa, in Tessaglia, 22 calciatori (delle squadre Ael Larissa e Acharnaikos) si sono seduti sul tappeto verde per protestare contro chi non fa niente per impedire le continue stragi di migranti nell’Egeo.



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