Panama Papers, dai re ai calciatori

Panama Papers, dai re ai calciatori

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PARIGI Il più grande scandalo finanziario della storia legato all’evasione fiscale vede coinvolti assieme ministri, re, presidenti, miliardari, calciatori. I «Panama Papers», gli 11,5 milioni di documenti venuti in possesso dell’Icij (International Consortium of Investigative Journalists, di cui fanno parte reporter del Guardian , Le Monde , Süddeutsche Zeitung e per l’Italia L’Espresso ), riguardano una colossale quantità di denaro nascosto offshore: denaro in qualche caso pulito, spesso sporco (legato all’evasione fiscale), talvolta macchiato di sangue (quello del crimine organizzato).

Lo studio legale panamense «Mossack Fonseca» è dal 1977 una delle migliori società al mondo a cui rivolgersi per sottrarre soldi al Fisco.

Da ieri sera sappiamo chi sono i clienti eccellenti: decine di migliaia in 200 Paesi, titolari di 200 mila società con sede in 21 paradisi fiscali. Alcuni dalla reputazione già macchiata, altri meno prevedibili.

Si tratta di 12 capi di Stato e di governo (sei dei quali ancora in attività), 128 responsabili politici e funzionari di primo piano, 29 miliardari presenti nella classifica Forbes dei 500 più ricchi del Pianeta, accanto ad almeno 33 persone e società finite nella lista nera del governo americano perché in affari con i cartelli messicani della droga, organizzazioni terroristiche come Hezbollah o «Stati canaglia» come la Corea del Nord.

Il presidente russo Vladimir Putin sembra avere fatto ricorso nel modo più abile e massiccio — due miliardi di dollari — ai servizi panamensi. Il suo nome non compare mai direttamente nei documenti, e questo è un aspetto che conterà non poco nella sua difesa. Ma ci sono i suoi più stretti collaboratori, il circolo degli amici coperti di denaro, in particolare il violoncellista Sergej Roldugin, azionista della Bank Rossiya di San Pietroburgo, cassaforte del clan Putin.

Poi il padre dell’attuale premier britannico David Cameron (sostenitore di regole più severe contro l’evasione fiscale), la famiglia del leader cinese Xi Jinping a sua volta promotore di dure campagne anti-corruzione, i capi di Stato — tra cui il re Salman dell’Arabia Saudita, il presidente ucraino Petro Poroshenko acerrimo nemico di Putin, il premier islandese Sigmundur Gunnlaugsson, il presidente argentino Mauricio Macri, il presidente degli Emirati Arabi Uniti Khalifa bin Zayed — e le star del calcio come il campione argentino Lionel Messi e il presidente (sospeso) dell’Uefa, Michel Platini. Tra gli italiani citati nelle carte ci sono Luca Cordero di Montezemolo, l’imprenditore latitante Giuseppe Donaldo Nicosia, il pilota Jarno Trulli. In attesa che i tribunali si esprimano sulla rilevanza penale degli affari svolti con la Mossack Fonseca, i «Panama Papers» denunciano una vicinanza imbarazzante tra personalità di ambienti molti diversi, tutte clienti dei paradisi fiscali.

Lo scandalo è venuto alla luce grazie a una fonte anonima che all’inizio del 2015 ha cominciato a trasmettere una quantità colossale di documenti a due giornalisti della Süddeutsche Zeitung interessati al ruolo della Mossack Fonseca nel caso Commerzbank, banca tedesca accusata di frode fiscale. I «Panama Papers» equivalgono a 2.600 G0: ossia 1.500 più informazioni dei Cables Wikileaks del 2010 (1,7 Go). Per studiare questa mole di dati, i reporter tedeschi si sono rivolti all’Icij che riunisce i giornalisti investigativi di oltre 100 media nel mondo (dal britannico Guardian al francese Le Monde all’italiano L’Espresso ). I risultati dell’inchiesta, durata nove mesi, continueranno a essere diffusi nei prossimi giorni.

Stefano Montefiori



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