L’ordine della comandante: liberiamo Raqqa
«Noi, a comando delle Forze democratiche siriane (Sdf), oggi diamo il via alla campagna militare “Ira dell’Eufrate” per liberare la città di Raqqa dal controllo di Isis». Sguardo fiero, con indosso la divisa militare, la portavoce Cihan Seikh Ahmed ha dato l’annuncio a Ein Issa, 50 chilometri a nord di Raqqa.
A tre settimane dall’avvio dell’offensiva su Mosul in Iraq, inizia l’avanzata sulla capitale dello Stato Islamico. Le unità di protezione del popolo curdo (Ypg) e le milizie della brigata femminile, le Ypj, forti di 30 mila unità che combattono affiancate da cristiani, arabi e turcomanni, tentano la mossa a tenaglia per mettere in ginocchio il sedicente Stato Islamico, dopo le vittorie di Manbij e Dabiq. «Isis finirà a Raqqa», promette Jihan.
Ma la campagna vuole essere anche una risposta chiara e netta all’operazione scudo dell’Eufrate avviata in agosto da Ankara su Jarablus. La stessa Turchia che considera le milizie curde dell’Ypg «terroriste» perché legate ai separatisti del Pkk e che vuole impedire ai curdi di arrivare per primi ad Al Bab e rafforzare l’enclave del Rojava. Non a caso prima dell’avvio di Ira dell’Eufrate i capi militari e turchi si sono incontrati. «Non sarà una battaglia facile», ha avvertito il segretario alla Difesa Usa Ashton Carter, mentre l’inviato speciale per la lotta all’Isis, Brett McGurk, ha confermato la copertura aerea della coalizione.
Ma al di là delle difficoltà militari e strategiche, è chiaro a tutti come il valore simbolico della città sia altissimo. Finita definitivamente sotto il controllo dei miliziani di Al Baghdadi nel gennaio 2014 e proclamata capitale del Califfato nel giugno dello stesso anno, Raqqa è considerata dai supporter dell’Isis «la città perfetta». È qui che i suoi leader sono riusciti a creare un apparato burocratico. Ed è qui che attraverso decapitazioni, stupri e orrori, mostrando le teste mozzate vicino alla torre dell’orologio, hanno tenuto soggiogata la popolazione per oltre due anni. Eppure, Raqqa potrebbe rappresentare davvero la fine dell’Isis. Perché a differenza di Mosul, dove la maggioranza sunnita della popolazione non si è quasi mai opposta, nella città siriana la resistenza è iniziata da tempo.
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