FCA e Peugeot si fondono: azionisti e Agnelli brindano

FCA e Peugeot si fondono: azionisti e Agnelli brindano

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Il matrimonio della disperazione. Fallite le nozze con Renault, Fca – sempre più in calo nelle vendite e in ritardo sull’elettrico – si offre alla cugina Peugeot. E questa volta – senza i giapponesi di mezzo e con il governo francese favorevole – il matrimonio si farà.

Fca potrà sfruttare la tecnologia francese su elettrico, batterie e ibrido, Psa potrà entrare nel mercato americano, ora precluso ed entrerà anche nell’alta gamma e nel lusso, segmento ora scoperto.

Ieri si sono tenuti il Consiglio di Sorveglianza di Psa e – in serata – di Fca. Entrambi hanno dato il via libera all’alleanza che verrà annunciata con tutta probabilità questa mattina.

Lo schema della fusione è simile a quello saltato a giugno: azioni alla pari un consiglio di amministrazione con sei componenti di Psa e cinque di Fca. John Elkann ne sarebbe il presidente. E gli Agnelli festeggerebbero come al solito: Fca sta valutando 5 miliardi di euro di dividendi straordinari per gli azionisti nel caso di un accordo con Psa.

Carlos Tavares di Psa sarebbe l’amministratore delegato, Portoghese, classe ’58, laureato è

però a Parigi, appassionato di corse e pilota, Tavares è il manager che prima riporta in utile il gruppo Psa in poco tempo e poi, nel 2017, acquista Opel dalla General Motors. Tra i suoi meriti anche l’accordo finanziario con Bnp-Paribas.

La prospettiva di una fusione fa brindare i mercati. Il titolo Fca ha chiuso a Milano con un balzo del 9,53% su livelli che non vedeva dallo scorso aprile. Corre anche la capogruppo Exor (+4,6%) mentre restano in ombra Cnh (-1,54%) e Ferrari (+0,32%). A Parigi Psa ha chiuso in rialzo del 4,53%.

Il nuovo gruppo che nascerà dalla fusione sarebbe il quarto costruttore al mondo con 8,7 milioni di auto vendute, alle spalle di Gm, Volkswagen e l’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. Avrebbe oltre 600mila dipendenti con un fatturato che sfiorerebbe i 200 miliardi di euro con i suoi 15 marchi, dieci di Fca (Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, Ram e Maserati) e cinque di Psa (Peugeot, Citroen, Ds Automobiles, Opel e Vauxhall, il marchio Opel in Gran Bretagna).

Il tutto, naturalmente, è sulla carta: si limita a sommare i numeri dei due gruppi ad oggi. Ma tutti sanno che le fusioni provocano sovrapposizioni fra le produzione e inevitabilmente non tutti gli impianti e i posti di lavoro saranno mantenuti.

Se lo Stato francese, che detiene circa il 12% di Psa attraverso BpiFrance, sarà «particolarmente vigile» – spiega il ministero dell’Economia – su occupazione, governance e impronta industriale della nuova società. Il nuovo gruppo automobilistico dovrà confermare gli impegni già esistenti sulla «creazione di una filiera industriale europea delle batterie». «C’è attenzione, del ministro Patuanelli e di tutto il governo, rispettoso di una trattativa di mercato ma anche consapevole che stiamo parlando di un’industria importantissima per il paese», spiega il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nell’unica sortita di giornata.

I sindacati invece sono preoccupati. Pesante la bordata di Jean-Pierre Mercier, rappresentante del sindacato francese Cgt nel gruppo Psa. «La fusione sarebbe nell’interesse degli azionisti. Noi non smetteremo di combattere per i nostri interessi, tutti devono esserne consapevoli», ha spiegato aggiungendo che, a suo avviso, l’operazione può «mettere a rischio i posti di lavoro, gli stipendi, i diritti collettivi dei dipendenti in Francia e in Italia». In Italia la Fiom ribadisce le priorità: «Rilanciare sviluppo e produzione in Italia e tutelare l’occupazione», ribadisce Michele De Palma, segretario nazionale Fiom e responsabile automotive. «Devono esserci piani che prevedano sviluppo e non riorganizzazione e sacrifici per gli stabilimenti italiani», avverte il segretario della Uilm, Rocco Palombella.

Più ottimista la Cisl: «Siamo davanti a una operazione che se va in porto è davvero imponente, davvero importante, per l’azienda e per il Paese. Speriamo si riesca a concludere positivamente», osserva la segretaria generale Annamaria Furlan.

Nel frattempo, a confermare il ritardo di Fca sul tema ambientale, Donald Trump «ringrazia Fiat » per essersi schierate con l’amministrazione nella battaglia con la California sulle emissioni. Gm, Fca e Toyota hanno infatti deciso di appoggiare il presidente nella convinzione che è il governo federale e non la California a dover dettare gli standard sulle emissioni di auto e mezzi pesanti.

* Fonte: Massimo Franchi, il manifesto



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