Welfare occasionale. Un «Reddito di emergenza» solo per tre mesi
Tra le partite Iva e i collaboratori distinta una platea da 600 euro e un’altra da mille, con il rischio di effetti paradossali. Previste indennità anche per colf e badanti. Stop ai licenziamenti per altri tre mesi, proroga delle casse integrazioni. Nessuna estensione universale e incondizionata del reddito. manca una visione a lunga scadenza mentre la crisi sociale moltiplica i suoi effetti
Il «decreto aprile» che arriverà invece a maggio istituirà una nuova misura categoriale, occasionale e per tre mesi definita «reddito di emergenza» (Rem). Si tratta di un «bonus», su base familiare, e non individuale, che va da 400 euro fino ad un massimo di 800 euro mensili. Le domande potranno essere presentate entro luglio. Il nuovo sussidio sarà erogato dall’Inps e poi, salvo ripensamenti, potrebbe essere ritirato.
I requisiti per accedere al Rem saranno i seguenti: avere un reddito mensile inferiore al reddito di emergenza stesso, un patrimonio mobiliare sotto i 10mila euro, fino a un massimo di 20mila considerando gli altri componenti della famiglia; un valore dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) sotto i 15mila euro. Un valore più alto di quello stabilito per il cosiddetto «reddito di cittadinanza» che sarà esteso in maniera simbolica dagli attuali 9.360 euro a 10 mila, ma solo per le domande che saranno presentate dal primo luglio sino al 30 ottobre. Per lo stesso periodo varrà l’aumento della soglia del valore del patrimonio immobiliare: da 30 mila a 50 mila euro, mentre quella del patrimonio mobiliare passerà da 6 mila a 8 mila euro. Questo permetterà agli attuali beneficiari della misura di integrare il sussidio con la differenza prevista del «reddito di emergenza» per tre mensilità. Anche per i beneficiari di quest’altro sussidio la povertà sarà ritenuta abolita per decreto dopo pochi mesi.
Stando alla bozza del provvedimento composto da 44 articoli il Rem sarà erogato in base alla «residenza italiana». Non è chiaro se questo significa solo ai «cittadini residenti» o anche a tutti coloro che risiedono nel paese, dunque anche ai cittadini extracomunitari residenti da meno di 10 anni, gli stessi che continueranno ad essere esclusi dal cosiddetto «reddito di cittadinanza».
Il Rem si rivolge alla stessa platea del «reddito di cittadinanza», i poveri assoluti, ufficialmente più di 5 milioni di persone. E la divide in due categorie che beneficeranno di misure mediamente diseguali e, almeno nel caso del Rem, a termine. Invece di estendere il «reddito di cittadinanza» esistente, si introduce una nuova misura che accrescerà le esclusioni. Ad esempio, una coppia che ha dichiarato poco di più del reddito previsto può continuare ad essere esclusa sia dal Rem che dal «reddito di cittadinanza». O dovrà aspettare l’anno prossimo per rientrare nei parametri. L’impressione è che queste soglie non siano state definite in base allo stato di necessità, ma sui fondi a disposizione. Una disposizione delle politiche economiche in regime di scarsità, in contrasto con il principio di giustizia sociale definito con troppa enfasi «nessuno resterà indietro».
Le incertezze sono emerse sia sulla definizione della platea trasversale tra il precariato e l’economia informale, sia sulla determinazione del fondo necessario. Il due aprile scorso, ad esempio, la ministra del lavoro Catalfo sosteneva che il costo della misura di aggirava intorno «ai 3 miliardi». Il 20 aprile la cifra era scesa a «due miliardi», per una platea di un milione di famiglie, «con una media di 2,5-3 membri a nucleo» e quindi un totale di «2,5-3 milioni di persone interessate» ha sostenuto il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Nello stesso giorno la ministra Catalfo confermò che il reddito di emergenza avrebbe comportato una spesa tra i 400 agli 800 euro a famiglia. L’importo è uno dei motivi di confronto nella maggioranza in queste ore, insieme all’ente erogatore della misura. Da un lato, si chiede che sia l’Inps a erogarla, insieme agli altri bonus. Dall’altro lato, i renziani premono affinché siano i comuni a farlo.
In compenso, per due mesi, e con un contratto non superiore a 2 mila euro, i beneficiari di ammortizzatori, dei vari redditi, di Naspi e Dis-coll, potranno lavorare nei campi, senza perdere i sussidi.
Con l’introduzione del Rem, e l’allargamento temporaneo del «reddito di cittadinanza», continua la frammentazione dei sussidi. Oltre alla proroga della cassa integrazione, e di quella in deroga al 31 ottobre, sono già previsti i bonus per artigiani, commercianti, professionisti iscritti alla gestione separata Inps, parasubordinati della stessa gestione, stagionali del turismo, lavoratori agricoli a tempo determinato, lavoratori dello spettacolo. In questa proliferazione di misure temporanee, senza una prospettiva universalistica e incondizionata per affrontare una crisi sociale che durerà anni, può crescere il rischio di discriminazione anche nel caso delle partite Iva.
La bozza distingue tra quelle che hanno subito una riduzione del 33% del reddito a marzo e aprile, iscritte alla gestione separata e non sono titolari di pensione né iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie. A loro sarà riconosciuta a maggio un’indennità di mille euro. Lo stesso potrebbe valere per gli stagionali del turismo, per i collaboratori con contratto in scadenza a fine anno o già cessati. Per tutte le altre partite Iva, e i lavoratori dello spettacolo, il bonus resterà a 600 euro per aprile e maggio. I «paletti» potrebbero penalizzare chi ha guadagnato meno, e magari non ha fatturato nulla in questi mesi, rispetto a chi ha perso il fatturato, ma parte da un reddito superiore. Senza contare che, prima o dopo l’estate, l’erogazione potrebbe terminare.
Negli stessi problemi potrebbero incorrere le colf e le badanti. Nella bozza del pacchetto composto da 44 norme è riconosciuta un’indennità mensile da 800 euro per i mesi di aprile e maggio per chi ha uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva non superiore a 20 ore settimanali. Per chi ha un contratto superiore a queste ore andranno 600 euro per ciascun mese. Un’impostazione che potrebbe creare discriminazioni sia per quanto riguarda gli importi, che per la loro durata.
Il provvedimento per il sostegno ai redditi e la protezione del lavoro che mobiliterà poco meno della metà dei 55 miliardi previsti dal maxi decreto del governo confermerà per altri tre mesi ai licenziamenti. Saranno, inoltre, previsti altri 15 giorni di congedi speciali. Sono anche stati annunciati altri 600 euro di bonus babysitter e la detrazione fiscale fino a 300 euro per i centri estivi dei figli fino a 16 anni.
* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto
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