Migranti. Nonostante le stragi in mare, l’Unione Europea pensa ai rimpatri

Migranti. Nonostante le stragi in mare, l’Unione Europea pensa ai rimpatri

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Chi sperava che la strage di 130 persone della scorsa settimana potesse causare un sussulto di pietà da parte dell’Unione Europea può riporre le speranze in un cassetto. Al «momento della vergogna», invocato domenica da papa Francesco, è subentrato presto quello del «pragmatismo», messo sul piatto ieri dal vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schoinas e dalla commissaria agli Affari interni Ylva Johansson. Pragmatismo in questo caso significa ribadire, nonostante tutto, il focus principale del Patto su migrazione e asilo presentato il 23 settembre scorso: allontanare tutti coloro che non riescono ad accedere all’asilo.

COSÌ IL CENTRO della nuova strategia europea verso i migranti saranno, come da programma, i rimpatri. Con molta attenzione a quelli volontari. Per fortuna mentre Schoinas e Johansson parlavano, duemila chilometri più a sud c’era una nave umanitaria che riempiva il vuoto lasciato dalle istituzioni europee: tra le 9 di mattina e mezzogiorno la Ocean Viking, della Ong Sos Mediterranée, ha soccorso in due diversi interventi 236 persone. Tra loro 114 minori non accompagnati, 7 donne e un neonato.

DALLA COMMISSIONE l’unica risposta sul tema del Search and rescue nel Mediterraneo è stato il riferimento all’introduzione nel Patto di un punto che prevede l’attivazione del meccanismo di solidarietà tra i paesi membri e la condivisione delle persone sbarcate dopo le operazioni di soccorso. Tutta l’attenzione è stata invece concentrata sui rimpatri volontari, che insieme a quelli forzati costituiscono lo strumento di espulsione dal territorio Ue dei migranti che non riescono a ottenere lo status di rifugiato o altre forme di regolarizzazione.

«SOLO UN TERZO delle persone che non hanno diritto a restare in Europa tornano nel loro paese e di queste meno del 30% in modo volontario», ha dichiarato Johansson. Per Schoinas tale «fallimento» deriva da tre fattori: il quadro degli accordi di riammissione con i paesi terzi; la struttura organizzativa europea dei rimpatri; l’impatto ridotto della volontarietà. Tradotto: servono strumenti per convincere i paesi terzi a riprendersi i loro cittadini e i migranti a lasciare il territorio europeo. Anche perché conviene: si stima che un allontanamento forzato costi in media 3.414 euro, contro i 560 euro di uno volontario. La strategia proposta dalla Commissione prevede un approccio maggiormente integrato che utilizzi le leve politiche, diplomatiche ed economiche a disposizione dell’Ue per imporre le sue esigenze. Con lo scopo di armonizzare interventi e programmi sarà istituita la figura di un coordinatore.

LA GESTIONE DEI RIMPATRI andrà in mano alla contestatissima agenzia Frontex, che è contemporaneamente al centro di: un’indagine sulle spese contabili dell’Ufficio europeo per la lotte anti-frode (Olaf); una verifica del mediatore europeo sul rispetto degli obblighi in materia di diritti fondamentali; un gruppo di scrutinio nella commissione Libe (Libertà civili, giustizia e affari interni) dell’europarlamento sul presunto coinvolgimento in respingimenti illegali nell’Egeo.

PROPRIO IERI i deputati di Bruxelles in plenaria hanno votato a larghissima maggioranza per posporre l’approvazione del bilancio dell’agenzia: se ne riparlerà a ottobre. Frontex ha visto moltiplicare il suo budget come nessun altro organismo Ue: da 19 milioni nel 2004 a 544 nel 2021 (fonte: Corporate europe).

«LA COMMISSIONE europea pensa che unire le parole “ritorno” e “volontario” dia un suono più bello al suo piano per deportare decine di migliaia di persone. Ciò che ha presentato ieri è in realtà l’agenda dettata da Orbán, Duda, Janša e il desiderio di Salvini e Le Pen», accusa Sira Rego, eurodeputata di Unidas Podemos, vicepresidente di The Left e parte del gruppo di scrutinio su Frontex.

PIETRO BARTOLO, eletto a Bruxelles con il Partito democratico, si dice «preoccupato che la comunicazione della Commissione preceda una strategia per la creazione di vie legali d’accesso, unico strumento efficace per affrontare la migrazione irregolare e impedire le stragi nel Mediterraneo, ma non solo». Due giorni fa Bartolo aveva firmato assieme ad altri 52 parlamentari europei una lettera indirizzata a Schoinas e Johansson con la richiesta ufficiale di «attivare una missione e un fondo europeo per la ricerca e il soccorso». «Salvare vite in mare è un dovere a cui l’Ue e i suoi stati membri non possono sottrarsi», hanno scritto.

CHI DAVVERO non si è sottratto al dovere di soccorrere è la nave umanitaria Ocean Viking, che ha messo al sicuro altre 236 vite. I migranti viaggiavano su due gommoni simili a quello affondato giovedì scorso. Sono stati trovati a 32 miglia nautiche dalla città libica di Zawyia. «Molti sopravvissuti erano deboli e disidratati. Avevano ustioni da carburante e soffrivano vertigini, nausea e mal di testa», ha raccontato l’Ong.

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto



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