Sfruttamento. A Latina braccianti indiani «dopati» per reggere i ritmi da schiavi
Un medico, un farmacista e un avvocato impegnati nel business del doping per i braccianti indiani della provincia di Latina allo scopo di non far sentire loro le fatiche fisiche e psicologiche legate allo sfruttamento. È quanto emerge dall’operazione «No Pain» condotta martedì 25 maggio dal Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Latina, coordinata dal Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dal sostituto Giorgia Orlando della Procura pontina.
I destinatari dei provvedimenti sono indagati per illecita prescrizione di farmaci ad azione stupefacente, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, frode processuale, falso e truffa ai danni dello Stato. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere ha riguardato un medico di medicina generale di Sabaudia, tre misure cautelari interdittive della sospensione dai rispettivi pubblici servizi, per la durata di un anno, sono state indirizzate ancora al medico pontino, ad un farmacista e all’avv. Pescuma Luigi di Latina, una misura cautelare ha riguardato invece il divieto di dimora nella provincia di Latina a carico di una cittadina marocchina.
Secondo le indagini, il medico di Sabaudia rilasciava illecitamente, per finalità non terapeutiche, a 222 assistiti indiani, spesso braccianti, circa 1.000 prescrizioni per la gran parte a carico del Servizio Sanitario Nazionale, per la dispensazione di oltre 1.500 confezioni di un farmaco stupefacente con principio attivo ossicodone. L’assunzione del medicinale avveniva non per curare le patologie degli assistiti indiani ma per consentirgli di sostenere i gravosi turni di lavoro nelle campagne pontine.
Venivano inoltre prescritte 3.727 ricette mediche indicando falsamente il codice di esenzione ticket a favore di 891 pazienti, provocando un danno al Sistema Sanitario per circa 146 mila euro e prescritti farmaci mai consegnati ai pazienti intestatari delle ricette, il cui costo veniva rimborsato alla farmacista indagata. Il medico di Sabaudia, in concorso con gli altri indagati, redigeva anche falsi certificati per l’illecita regolarizzazione dei migranti, attestando falsamente la loro presenza in Italia antecedente all’8.3.2020. Infine il medico italiano redigeva, con l’avvocato Pescuma di Latina, un certificato medico per un 51enne pontino già colpito da «ordine di esecuzione per la carcerazione e decreto di sospensione del medesimo», attestante false patologie psichiatriche per ottenere una misura alternativa alla detenzione.
Quest’importante operazione dà ragione al dossier presentato proprio sul manifesto nel 2014 da In Migrazione denominato «Doparsi per lavorare come schiavi». Nel corso degli anni, il numero dei braccianti migranti dipendenti da sostanze dopanti è aumentato, come anche il relativo business criminale. I lavoratori indiani più sfruttati hanno da tempo iniziato ad utilizzare anche eroina, spesso acquistata nei mercati della droga di Castel Volturno e Villa Literno oppure romana.
* Fonte: Marco Omizzolo, il manifesto
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