Ucraina, omicidio del bielorusso Shishov. Scontro tra Zelensky e neonazi sui servizi di sicurezza

Ucraina, omicidio del bielorusso Shishov. Scontro tra Zelensky e neonazi sui servizi di sicurezza

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Battaglie a colpi di arresti e omicidi. L’omicidio del bielorusso Shishov a Kiev diventa un terreno di battaglia

In Ucraina è in corso un confronto politico violento per il controllo degli apparati di sicurezza. La resa dei conti è cominciata con l’uscita di Arseny Avakov dal ministero dell’Interno, è condotta dal presidente, Volodymyr Zelensky, e si sta svolgendo dentro i clan paramilitari dell’ultradestra impegnati in prima linea nella guerra nell’est del paese.

QUESTA È LA RAGIONE DI ARRESTI, espulsioni e perquisizioni condotti negli ultimi giorni contro figure considerate sinora al di sopra della legge, in particolare a Kharkiv, l’ultima grande città prima del confine con il Donbass, dalla quale provengono sia Avakov sia il leader del Battaglione Azov, Andrei Biletsky, alla guida anche del partito Corpo Nazionale. Fra Avakov e Biletsky esiste un solido accordo di potere, che Zelensky cerca evidentemente di interrompere.
Il pretesto per il tentativo è la morte di Vitaly Shishov, 26 anni, uscito di casa a Kiev il 2 agosto per una corsa nei boschi e trovato senza vita la mattina dopo a un paio di chilometri distanza. La stampa internazionale, a cominciare dal New York Times, ha definito “attivista” Shishov. Mai come in questa circostanza l’etichetta appare parziale. Shishov era nato nella regione di Gomel, in Bielorussia, e aveva lasciato il paese nel 2020 per scampare alla repressione del presidente Aleksander Lukashenko.

A Kiev era riuscito a trovare rifugio per sé e finanziamenti per Bdu, un’organizzazione che ha avuto un ruolo non secondario nelle campagne antigovernative. Bdu è legata alle milizie neofasciste ucraine, e la prova più concreta sta nell’identità del numero due di Shishov, un campione di arti marziali di nazionalità lettone di nome Radion Batulin, che appartiene al Battaglione Azov.

SECONDO LA PRIMA VERSIONE dei fatti Shishov si sarebbe impiccato, ma alcuni particolari sul luogo in cui il suo corpo giaceva hanno spinto gli inquirenti ad aprire un fascicolo per omicidio.

L’atroce metodo del finto suicidio è associato ai servizi segreti di diversi paesi post sovietici: con la medesima modalità è morto, per esempio, un anno fa nel carcere di Chelyabinsk, in Siberia, Maxim Martsinkevich, l’ideologo del gruppo «Format-18», al quale si sono ispirati decine di movimenti neofascisti in Russia, Bielorussia e Ucraina. La famiglia di Martsinkevich aveva fatto appello alle autorità affinché indagassero sul caso. La loro richiesta non ha avuto alcun seguito.

Per quel che riguarda la fine di Shishov, Zelensky ha ordinato che i lavori della polizia facciano capo direttamente al suo ufficio. Di quei lavori si occupa il Servizio di sicurezza nazionale (Sbu), ai cui vertici siede dal 2019 Ivan Bakanov. Bakanov è un fedelissimo di Zelensky, ha seguito dall’inizio la sua trasformazione da attore comico a candidato presidente, e prima di occuparsi dell’intelligence produceva programmi tv per la società Kvartal95. La prima, sorprendente, mossa di Zelensky e Bakal per fare chiarezza sul caso Shishov è stata impedire al suo socio Batulin di rimettere piede in Ucraina. Batulin era in Polonia al momento dei fatti.

AI GIORNALISTI UCRAINI che sono riusciti a parlarci ha fornito una spiegazione senza dubbio originale del divieto di ingresso che gli agenti di frontiera gli hanno sventolato sotto al naso: «Nessuno mi ha fornito spiegazioni ufficiali, ma immagino che Zelensky abbia deciso di alzare il livello di protezione dei patrioti che rischiano di essere eliminati dai servizi russi, e che quindi ritenga l’Europa più sicura per me».

Sembra più probabile, tuttavia, che la decisione abbia a che fare con gli uomini attorno al Bdu. Come Sergei Korotkikh, un cittadino russo emigrato in Ucraina all’inizio della guerra civile e premiato con un passaporto dall’ex presidente Petro Poroshenko per i servizi resi al Battaglione Azov contro i ribelli del Donbass. Per una ragione o per altra il suo nome si trova praticamente in ogni inchiesta sugli omicidi politici avvenuti in Ucraina dall’inizio della guerra civile, compreso quello del giornalista Pavlo Sheremet, ucciso con una autobomba a Kiev nel 2016. Il telefono di Korotkikh non dà segni da almeno tre giorni.

AL DIVIETO DI INGRESSO per Batulin sono seguiti giorni di retate contro esponenti dell’Azov coinvolti in attività illegali, una purga alla quale è sfuggito per adesso e per puro caso Artem Moshensky, il luogotenente dell’Azov ferito alla testa da un colpo di arma da fuoco e trasportato il mese scorso in Israele per ricevere cure mediche.

Una volta a Tel Aviv i medici hanno notato la grossa svastica che porta tatuata sul ginocchio sinistro. L’ambasciata israeliana a Kiev ha negato di avere avuto un ruolo nel suo trasferimento. È certamente prematuro sostenere che Zelensky abbia deciso di liquidare l’ultradestra: gli eventi delle ultime settimane gli offrono, piuttosto, la possibilità di estendere il suo controllo a una sezione più ampia dei servizi di sicurezza.

* Fonte: Luigi De Biase, il manifesto



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