Rave. Free party, il populismo penale non serve

Rave. Free party, il populismo penale non serve

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Si tratta di un provvedimento che criminalizza i giovani, mettendo al centro dell’impalcatura stigmatizzante il loro uso di sostanze illegali. In piena continuità con il populismo penale

 

Non c’è stato quasi il tempo di nominare i sottosegretari che il governo Meloni si è scagliato contro i rave. Lo ha fatto in modo talmente abnorme da riuscire ad unire l’opposizione (Calenda e Renzi esclusi, sempre che opposizione siano).

Le critiche si sono concentrate soprattutto sull’estensibilità di norme molto vaghe a qualsivoglia raduno, sorvolando sulla questione centrale della criminalizzazione dei rave. In effetti si tratta di un caso paradigmatico, nel quale il nemico da colpire è davvero facile da identificare: giovani che ascoltano musica rumorosa e che usano droghe occupando la proprietà altrui senza alcuna autorizzazione.

Quasi indifendibili, se non fosse per alcune questioni che vanno puntualizzate. La prima: non si governano i fenomeni sociali con il diritto penale, perché è uno strumento non solo improprio ma, quando non ulteriormente dannoso, sostanzialmente inefficace. La seconda: esistono ambiti e persone, molto più trasversali di quel che si possa pensare, che cercano spazi di libertà dalla società così come l’abbiamo costruita. Si chiamano free party perché sono luoghi in cui ci si incontra, si balla, si parla, si usano anche sostanze legali e illegali.

Sostanzialmente ci si diverte, al di fuori delle regole sociali date e delle norme burocratiche esistenti. Illegale certo, pericoloso forse.

Rispetto all’illegalità le norme già ci sono: dall’occupazione del terreno o dello stabile altrui, sino alla mancanza della certificazione dell’impianto elettrico o del permesso Siae, sono tutte fattispecie già previste e punite con sanzioni penali o amministrative. E tutt’altro che lievi. Gli organizzatori sono ben consci di violarle e sono pronti a subirne le conseguenze. Non sarà certo un inasprimento a impedire loro di organizzare altri rave: semplicemente questi saranno in luoghi più isolati, più nascosti, meno organizzati e quindi sostanzialmente più pericolosi.

Perché, è bene ricordarlo, da anni questi luoghi sono presidiati dai servizi sanitari e dalle equipe di riduzione del danno che con le poche risorse a disposizione hanno costruito una rete nazionale capace di intervenire in sinergia laddove questi eventi vengono organizzati. È doveroso farlo perché anche il Presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini, nel suo impeto di conformismo legalitario, ha ringraziato tutti – ma proprio tutti – a parte quelle unità di strada che erano presenti a Modena sin dall’inizio del WitchTek.

La stessa conclusione della vicenda di Modena, nonostante i proclami di guerra del Ministro degli Interni Piantedosi, ha dimostrato non solo come non vi sia alcuna emergenza, ma come questi fenomeni possano essere compresi e gestiti con intelligenza e buon senso, mettendo realmente al primo posto la sicurezza delle persone.

Si tratta di un provvedimento che criminalizza i giovani, mettendo al centro dell’impalcatura stigmatizzante il loro uso di sostanze illegali. In piena continuità con il populismo penale che ha pervaso la politica italiana – a destra come a sinistra -, il nuovo articolo del Codice penale colpisce con pene sproporzionate fattispecie già previste, e aggiunge l’abnorme estensione delle misure preventive riservate ai mafiosi.

È talmente vago e ambiguo che va ben oltre i rave, e può arrivare a colpire qualsiasi raduno organizzato dal quale possa derivare un indeterminato, e forse indeterminabile, pericolo per l’ordine, l’incolumità e la salute pubblica. Si va dalla cena di quartiere, alla festa universitaria sino alla riunione politica e all’occupazione di scuole, università o altri luoghi pubblici. Come già succede per le leggi sulle droghe, ecco un altro semplice strumento a disposizione del potere, in aperto contrasto con Costituzione che all’art. 17 garantisce il diritto di libera riunione, per reprimere il divertimento “deviante”, ma anche dissenso, contestazioni e movimenti sociali e politici di opposizione.
Una norma che riguarda tutti, anche se non frequentiamo i rave.

*Segretario Forum Droghe

Fonte/autore: Leonardo Fiorentini, il manifesto

 

 

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