Patrimoniale: in Italia fa scandalo far pagare i ricchi
Dopo F come Fascismo, un’altra parola impronunciabile irrompe nella politica agostana: P come Patrimoniale
Dopo F come Fascismo, un’altra parola impronunciabile irrompe nella politica agostana: P come Patrimoniale. A sorpresa, ma per una distrazione della maggioranza parlamentare, passa alla Camera l’ordine del giorno a firma di Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) che chiede al governo l’introduzione di una patrimoniale di scopo per «reperire risorse per combattere la dispersione scolastica implicita ed esplicita ad adottare, nel prossimo provvedimento utile, una next generation tax per assicurare a tutti i bambini e i ragazzi residenti in Italia di potersi istruire, dall’asilo nido all’università, in modo completamente gratuito». La premessa specifica che con ciò si intende una tassa sui «patrimoni delle persone fisiche solo se superiori ai cinquecentomila euro».
Si precisa poi che verrebbe contemporaneamente eliminata ogni ulteriore forma di tassazione di tali cespiti (Imu, imposte sui conti correnti e sui depositi titoli, imposte di bollo). Il gettito stimato sarebbe pari a circa dieci miliardi di euro.
La proposta è stata accolta per errore dal governo, come mostra l’immediata marcia indietro che ne è seguita. A ruota, infatti, il ministero dell’Istruzione si affretta a precisare come l’accoglimento dell’ordine del giorno sia coerente con un obiettivo che il governo sta già perseguendo con una pluralità di iniziative e che non intende dunque introdurre nuove tasse. Fonti di palazzo Chigi a strettissimo giro aggiungono di aver già valutato, a tempo di record, la proposta così come richiesto dall’atto parlamentare e di aver concluso che non si intende darle alcun seguito. Molto rumore per nulla. Del resto, era difficile pensare a un esito diverso, data la direzione presa sin qui dalla politica economica e fiscale del governo. Una politica economica che giustifica l’evasione «di necessità», premia le piccole e grandi rendite, de-finanzia i servizi essenziali, fa cassa sui poveri, spacca il Paese con l’autonomia differenziata.
Nondimeno, le reazioni delle forze politiche indicano che – a prescindere dalla vicenda in sé – il tema è davvero uno spartiacque cruciale. Come testimoniano le immediate proteste di Italia Viva-Azione (che si è spinta a parlare di governo Meloni-Fratoianni), la proposta ha subito posizionato gli attori del campo politico. Pur frutto di una svista, la vicenda è quindi carica di significato e riporta al centro della discussione il tema della giustizia fiscale in Italia. Tema che certamente include la tassazione dei patrimoni, ma che in realtà riguarda la fiscalità nel suo complesso.
Come mostrato dallo studio degli economisti Guzzardi, Palagi, Roventini e Santoro (lavoce.info) il nostro sistema fiscale è regressivo per il 5% più ricco dei contribuenti, che pagano aliquote inferiori rispetto al 95% della popolazione. Superati i 90mila euro, continua l’analisi, l’aliquota effettiva inizia a ridursi, scendendo fino al 36% per il top 0,1%, che guadagna redditi medi annui oltre il milione di euro. Lo studio mostra inoltre che i redditi derivanti da patrimoni mobiliari e immobiliari beneficiano di una tassazione con aliquota piatta.
La giustizia fiscale è però diventato un tabù: vige il divieto di parlarne. Chi lo fa, è immediatamente etichettato come nemico del ceto medio, se non del popolo e delle sue tasche. Un ladro, alla fine dei conti. In realtà la giustizia fiscale è lo strumento principale per la lotta alle diseguaglianze e per la tenuta dei servizi pubblici: l’attuazione di una vera riforma in senso progressivo dell’intero sistema fiscale costituisce un nodo strategico fondamentale per la coesione del Paese. Fornirebbe le risorse necessarie allo Stato per incrementare i servizi pubblici, impedirebbe il disfacimento del Servizio sanitario nazionale, doterebbe i Comuni dei mezzi per il governo dei territori, promuoverebbe gli investimenti pubblici destinati alla ricerca scientifica e all’occupazione. La battaglia comune per una fiscalità giusta, che certamente include la lotta all’evasione e all’elusione, deve costituire il terreno principale per una politica di sinistra. La restaurazione neo-liberale ha utilizzato la rottura dei sistemi fiscali per premiare il capitale e la rendita, la loro ricomposizione è lo strumento principale per dare ossigeno al lavoro e alla cittadinanza.
* Fonte/autore: Filippo Barbera, il manifesto
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