Libia. Il sindaco di Derna teme 20mila morti

Libia. Il sindaco di Derna teme 20mila morti

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Da tutta la Libia al lavoro per salvare i superstiti e liberare quel che rimane della città dal fango. Incubo epidemie. Ignorato l’allerta del Centro meteorologico nazionale

 

Anche il Centro meteorologico nazionale aveva allertato le autorità tre giorni prima. Nella parte orientale è stato addirittura dichiarato «lo stato di emergenza». Ma la Libia non ha i mezzi per applicarla e ci sono state numerose segnalazioni di pericolo ignorate dalle autorità del Governo di Stabilità Nazionale (Gsn), con successive polemiche nei confronti dell’«uomo forte della Cirenaica», il generale Khalifa Haftar, per «aver sottovalutato il pericolo imminente».

LE AUTORITÀ della Libia orientale hanno confermato che le inondazioni hanno causato più di 5mila morti, sepolti in queste ore in fosse comuni. Ma il numero delle vittime potrebbe salire. «Tra 18 e i 20mila», stima Akram Abdul Aziz, sindaco di Derna, preoccupato anche per «l’alto numero di cadaveri in città e per le possibili epidemie».

Preoccupano inoltre gli scarsi mezzi di assistenza per i «30mila sfollati di Derna, più 6mila persone di al-Bayda e Bengasi», ha dichiarato l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Indicando tra le vittime «almeno 500 stranieri, soprattutto sudanesi ed egiziani».

Molti paesi stanno fornendo aiuti: Francia, Turchia, Giordania, Qatar, Emirati. L’Italia ha annunciato la partenza della nave militare San Giorgio e di due aerei C-130 per trasportare soccorsi e attrezzature logistiche, mentre l’Egitto sta aprendo campi di accoglienza sul suo territorio, vicino al confine libico.

NELL’ATTESA che arrivino tutti gli aiuti umanitari necessari dall’estero, nei dintorni di Derna si organizza la solidarietà da parte dei volontari libici venuti da tutto il paese: Tripoli, Tadjourah, Misurata, Sebha. Nonostante la rivalità tra i due opposti governi dell’est e dell’ovest, la solidarietà della popolazione ha avuto la precedenza di fronte alla peggiore catastrofe naturale mai avvenuta nel paese.

«Ci siamo organizzati autonomamente, visto che le autorità locali non sono ancora arrivate in molte aree», ha indicato all’agenzia Afp Mohammed Harus, un trentenne di Bengasi, che dista 300 chilometri dalla zona del disastro. Ha potuto percorrere le poche strade ancora praticabili per arrivare a Derna, con l’auto carica di cibo e acqua potabile. «C’è ancora gente che muore. L’odore dei cadaveri è ovunque in città. Si vede molta gente che piange perché ha perso i propri cari, la propria casa: tutto».

* Fonte/autore: Stefano Mauro, il manifesto



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