Striscia di Gaza sotto le bombe: prigionieri «senza luce, acqua, rifugi antiaerei»

Striscia di Gaza sotto le bombe: prigionieri «senza luce, acqua, rifugi antiaerei»

Loading

Fuga impossibile. Parla Mohammed Agl, segretario di una clinica medica a Jabaliya

 

«La situazione è tremenda. Non abbiamo né luce né acqua. Anche quella potabile manca perché gli impianti di desalinizzazione non funzionano senza l’elettricità», racconta Mohammed Agl segretario di una clinica medica nel campo profughi di Jabaliya, a nord di Gaza. «Oggi solo nei primi venti minuti di bombardamenti sono morte dieci persone, tutte civili. Hanno bombardato le case, qui nel campo hanno bombardato anche una moschea. La gente ha provato a scappare a casa dei fratelli o dei cugini. Molti si sono rifugiati nelle scuole perché pensavano che fossero più sicure, ma oggi ne hanno bombardata una. Hanno bombardato persino un’ambulanza con dentro feriti civili”, continua mentre prova a calmare i suoi cinque figli, terrorizzati dal rumore delle bombe. «Il più grande dei miei figli ha sette anni, poi ho due gemelle di tre anni e una figlia di sei che è malata di epilessia. Si è ammalata tre anni fa, da allora devo darle delle medicine tutti i giorni. Adesso, però, ho paura che finiscano».

DA DOMENICA, infatti, Israele ha dichiarato «l’assedio totale di Gaza» staccando l’energia elettrica e, da ieri mattina, bloccando i rifornimenti di merci, acqua, cibo e carburante. Una tattica usata spesso per piegare la striscia che dal 2007, in seguito alla vittoria di Hamas alle elezioni legislative del 2006, vive sotto embargo terrestre, aereo e marittimo. «Ho ordinato il completo assedio: non ci sarà elettricità, né cibo, né benzina. Tutto è chiuso», ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Nelle ultime trentasei ore Gaza ha avuto solo un’ora e mezza di luce, l’acqua è arrivata alle tre del mattino di ieri per quaranta minuti, prima di cessare definitivamente. Nella Striscia non ci sono rifugi aerei, né nelle città né nei campi profughi, la gente si rifugia in casa, impossibilitata ad andare altrove. Spostarsi all’interno di Gaza è sempre più difficile, non solo per una questione di sicurezza ma anche perché manca il carburante per le automobili. Ad avere difficoltà non sono solo i mezzi civili ma anche le ambulanze. Alcune donne incinte ieri sono state costrette a partorire in casa nel campo di Jabaliya perché non potevano spostarsi né in auto private né in ambulanza.

«QUANDO HANNO iniziato a bombardare – racconta Mohamed Agl – noi ci siamo chiusi a casa. Un mio amico, Abu Hassan, insegnante e padre di cinque figli, era andato a fare la spesa vicino casa mia. Non è più tornato. Siamo usciti a cercarlo in mezzo alle macerie ma poi hanno ricominciato a bombardare. Ieri hanno bombardato anche la casa dei miei vicini, sono morti tutti, i nonni, i genitori e i figli, l’unica superstite è una bambina di otto anni. Qui se esci forse resti vivo perché bombarderanno la tua casa, o forse muori perché bombarderanno fuori. Nessun posto è sicuro». Oltre elettricità, acqua, cibo e carburante a Gaza sono sempre meno anche le medicine. Nelle prossime ore potrebbe essere interrotta anche la connessione telefonica.

* Fonte/autore: Lidia Ginestra Giuffrida, il manifesto



Related Articles

Iran. Rohani promette lavoro ma le proteste continuano, con 12 morti

Loading

Iran. Il presidente ieri è tornato a schierarsi con le ragioni che da cinque giorni spingono gli iraniani a riversarvi nelle strade

LA SFIDA CHE UNISCE ITALIA E FRANCIA

Loading

  L’INCONTRO di oggi tra Mario Monti e Franà§ois Hollande, che anche stavolta avrà  per tema i problemi dell’Eurozona, offre l’opportunità  di fare il punto sulle sfide che questi due uomini si trovano ad affrontare. Al di là  delle differenze, certo notevoli, tra Italia e Francia, sono entrambi alle prese con problemi economici e sociali gravissimi.
L’ospite italiano, Mario Monti, si trova in una situazione paradossale. Presidente del Consiglio da quasi dieci mesi, sa che i suoi giorni a Palazzo Chigi sono contati.

Arabia saudita. Per l’omicidio Khashoggi condannati a morte i sicari, ma salvi i mandanti

Loading

Si chiude con cinque pene capitali il processo-farsa in Arabia saudita. Prosciolti i più stretti collaboratori del principe Mohammed bin Salman. La procura di Riyadh: «Non fu premeditato». Risultati opposti alle inchieste della Cia e dell’Onu

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment