Atenei in sciopero «Università fuori dalla filiera bellica»

Atenei in sciopero «Università fuori dalla filiera bellica»

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Roma, Milano, Padova, Bari e tante altre: protesta diffusa contro la collaborazione nella ricerca militare con i campus israeliani

 

Dopo lo sciopero di ieri, che ha coinvolto decine di università in diverse forme tra presìdi e occupazioni lampo, studenti, docenti e ricercatori non fermano la mobilitazione ma, anzi, lanciano un appello per un’assemblea pubblica del mondo della ricerca il prossimo 17 aprile.

«DOBBIAMO discutere come rilanciare le iniziative per interrompere i legami tra ricerca pubblica italiana, istituzioni israeliane e industria militare, e per costruire veri ponti di pace attraverso la creazione di canali di cooperazione e supporto alla popolazione palestinese», dicono dal presidio romano sotto al ministero degli Affari Esteri. Sono in collegamento telefonico con i collettivi degli altri atenei in lotta contro l’ormai famigerato bando Maeci: Napoli, Milano, Padova, Bari, Pisa, Siena. Chiedono un incontro con il ministro Antonio Tajani ma, dopo ore di presidio circondati dalla stampa, li riceve solo un funzionario e giusto per «recepire» le due proposte sottoscritte da oltre 2.500 persone tra professori e studenti. «Abbiamo riassunto le nostre richieste in due punti fondamentali al ministro degli Esteri – spiega la docente della Sapienza, Laura Guazzone – La cancellazione, sospensione o rinvio del bando attuale e l’apertura alla partecipazione dei colleghi palestinesi, docenti e studenti ai canali di cooperazione privilegiati con i paesi in conflitto per permettere un accesso privilegiato alle nostre strutture di ricerca per lo studio e l’insegnamento».
Nessuna risposta finora dalla Farnesina mentre si attivano il ministero dell’Università, guidato da Annamaria Bernini e quello dell’Interno con Matteo Piantedosi.

LA MINISTRA, in missione negli Stati uniti, ha fatto trapelare di essere rimasta costantemente aggiornata su quanto accaduto negli atenei, «a partire dalle occupazioni dei rettorati di Napoli e Politecnico di Milano». Secondo fonti informate, Bernini avrebbe parlato di episodi «inaccettabili» e ha programmato un incontro con il Viminale. Intanto è il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz a dirsi disposto a incontrare gli studenti, ma dopo averli accusati di antisemitismo. Proposta rifiutata.
Il punto non è solo il bando Maeci che scade oggi ed è episodico ma la sospensione degli accordi fra atenei e industria bellica. «È un momento importante – spiega la ricercatrice Paola Rivetti – Lavoratrici e lavoratori delle università e studenti dicono che non vogliono essere complici con chi sviluppa e mette a punto armi per la distruzione di territori e popolazioni e con il genocidio in corso». «Ad oggi – nota Rivetti – non esiste alcuna istituzione israeliana che si sia dissociata dalla linea governativa e che abbia criticato la continuazione dell’attacco militare contro Gaza. Le colleghe e i colleghi che hanno osato dissentire sono state punite dalle loro istituzioni con sospensioni, licenziamenti e, nel caso della collega Shalhoub-Kevorkian della Hebrew University, come è ormai noto, persino con la detenzione temporanea e la confisca temporanea del passaporto».

I DOCENTI e i ricercatori presenti ai presidi di tutta Italia, firmatari della lettera, insistono nello spiegare che non c’è nessuno ostracismo verso i colleghi israeliani ma che vogliono fare pressioni sulle istituzioni.
Anche Filippo Girardi, del collettivo Cambiare Rotta, difende i boicottaggi dei bandi per la ricerca dual use (che possono essere usati anche a scopo militare, ndr): «L’università è ormai l’inizio della catena della filiera bellica, e il governo vuole aumentare la spesa militare mentre taglia il diritto allo studio».

Allo sciopero universitario di ieri ha aderito anche il sindacato Usb, con una protesta partita dalle ore 12 a fine turno per il personale tecnico amministrativo, bibliotecario e docente delle università e per l’intera giornata per il personale delle università di Roma. Le proteste sono state pacifiche in tutta Italia, nonostante i manifestanti abbiano trovato le forze dell’ordine in tenuta antisommossa davanti a ogni ateneo. «La nostra lettera si è tradotta in mozioni rivolte ai senati degli atenei e ai cda degli enti di ricerca perché prendano posizione», dicono gli estensori.

LA SCUOLA Normale Superiore di Pisa, le università di Torino, Bologna e il Cnr si sono già espressi con delibere critiche del bando mentre a Bari il rettore si è dimesso dalla Fondazione Med-Or. «Sentiamo forte la responsabilità etica del nostro lavoro all’interno della società – dicono i docenti – Vediamo due pesi due misure con l’occupazione dell’Ucraina, ci chiediamo dunque se ci sia un principio dietro o questioni di interesse, nessuna delle iniziative che condividiamo con gli studenti è violenta, abbiamo solo il vizio della democrazia».

* Fonte/autore: Luciana Cimino, il manifesto



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