Mps ritrova utili e dividendo, ma rimanda l’aumento

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ROMA – Festa rovinata per il Monte Paschi di Siena. La banca sperava che presentando un bilancio al di sopra delle aspettative avrebbe rassicurato gli investitori. Invece la paura per una raffica di aumenti di capitale tra le banche italiane ha affossato il titolo (-4,55%). Il direttore generale Antonio Vigni ha faticato a mantenere l’attenzione sul lavoro fatto in questi tre anni e che nel 2010 mostra i primi successi. Digerire il gruppo Antonveneta è stato possibile solo grazie a un severo taglio dei costi (circa 500 milioni di sinergie) ottenuto razionalizzando gli sportelli, vendendo gli immobili, ma anche riducendo il personale. I frutti si vedono: 985 milioni di utile annuale, ritorno al dividendo (0,0335 euro ad azione), aumento della clientela di 72 mila unità  e ottime performance commerciali (in un anno la raccolta complessiva è cresciuta del +6,9%, gli impieghi del 4,1%, lo stock mutui del 12,7%). «Miglioramenti strutturali» passati in secondo piano. Gran parte degli analisti ha chiesto se e quando Rocca Salimbeni sarà  chiamata a richiedere mezzi freschi sul mercato. Ipotesi sempre smentita dal management e che invece ieri è stata trattata con maggiore cautela. Il direttore finanziario Marco Massaccesi ha chiarito che «le azioni di capital management proseguiranno». Le stime degli analisti individuano in 1-2 miliardi la necessità  di aumento del patrimonio per allinearsi ai criteri di Basilea 3. La decisione finale sembra rimandata, ma non di molto, Vigni ha confermato che prima dell’estate sarà  presentato un nuovo piano industriale. Contestualmente si cercherà  di chiudere altre operazioni per migliorare il patrimonio e sarà  affrontato il nodo degli 1,9 miliardi di Tremonti Bond. La restituzione in anticipo (sicuramente ben prima della metà  del 2013, considerata la scadenza massima) dei soldi ricevuti dal Tesoro dovrà  essere preceduta dall’arrivo di nuovo capitale. L’ultima parola spetterà  alla Fondazione Montepaschi, che solo ieri si rallegrava del ritorno alla cedola, ma che inevitabilmente sarà  chiamata all’esborso maggiore in caso di aumento di capitale.


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