Golpe in Gabon, la Françafrique perde pezzi

Golpe in Gabon, la Françafrique perde pezzi

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L’Eliseo si difende ma è sotto attacco, da Le Pen a Mélenchon. Per motivi opposti

 

PARIGI. La Francia «condanna il colpo di stato militare in corso in Gabon» e «auspica che il risultato elettorale possa essere rispettato». È la prima reazione di Parigi, ieri, alla situazione a Libreville, dove risiedono 7.500 francesi e 370 militari e dove operano un’ottantina di filiali di società francesi (Total, Eiffage, Bolloré, Havas, Air Liquide, Eramet che estrae manganese), per un fatturato complessivo intorno ai tre miliardi di euro annui.

Il nuovo colpo di stato in una ex colonia francese, dopo Mali, Guinea, Burkina e Niger – l’ottavo cambiamento di regime nella regione in pochi anni – conferma il cambiamento geopolitico in corso, che solo lunedì scorso di fronte agli ambasciatori francesi Emmanuel Macron ha definito «un’epidemia di putsch». Con un linguaggio inabituale in diplomazia, Macron ha descritto un «mondo di pazzi», dove si dispiega «l’alleanza barocca tra pretesi panafricanisti e neo-imperialisti», che sfruttano facilmente il rancore accumulato contro l’ex potenza coloniale francese per creare consensi.

IN GABON la Francia ha ormai interessi limitati, l’uranio è praticamente esaurito, nell’agro-industria Parigi è stata sorpassata dagli investimenti asiatici (Singapore in testa), il Marocco ha ora più influenza della Francia. Parigi era intervenuta nel 1964 e nel 1990, quando Mitterrand aveva salvato il regime di Omar Bongo (1967-2009), il padre di Ali Bongo, il presidente destituito dal putsch in corso, appena rieletto dopo 14 anni di potere, in uno scrutinio senza controlli internazionali. In Francia sono in corso inchieste giudiziarie sull’immenso patrimonio dei Bongo.

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La situazione è diversa in Niger, dove la Francia ha 1.500 militari e degli interessi più consistenti. In questo caso, Parigi si è irrigidita, rifiuta il diktat dei militari che pretendono l’espulsione dell’ambasciatore francese e non scoraggia le dichiarazioni della Cedeao su un possibile intervento militare contro la giunta che ha spodestato il presidente Mohamed Bazoum.

Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha espresso preoccupazione per la situazione in Gabon, che può «far crescere l’instabilità dell’intera regione». Ieri, dopo giorni di esitazione, l’Unione europea ha reso noto che si prepara a varare delle sanzioni contro il Niger, ma resta prudente: i 27 intendono escludere dalle sanzioni gli aiuti umanitari, per uno dei paesi più poveri e insistono su una «soluzione politica», escludendo un intervento militare o anche un sostegno alle eventuali truppe dei paesi della Cedeao. Parigi ha atteso giorni per ottenere un «pieno sostegno» di Bruxelles sull’ambasciatore francese, un’ingiunzione di espulsione definita una «nuova provocazione» dalla Ue.

La ministra degli esteri, Catherine Colonna, nei giorni scorsi ha criticato anche gli stati uniti, indirettamente, alludendo a paesi che «esitano» ad «esigere un ritorno all’ordine costituzionale» a Ndjamena (per poter negoziare il mantenimento delle basi militari Usa).

MACRON in questi giorni ha messo in guardia contro «un rischio di indebolimento dell’occidente, in particolare europeo» in Africa. Il presidente rifiuta ogni critica, afferma di non aver ceduto al «paternalismo» e nega l’evidenza di una «debolezza della Francia in Africa».

Ma il tentativo di proporre una svolta nelle relazioni di Parigi con le ex colonie, dichiarato con discorsi altisonanti che promettevano la fine della «françafrique» tradizionale, per il momento si è arenato in un’impasse politica. Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise accusa Macron di aver «sostenuto fino all’insopportabile» la dinastia dei Bongo in Gabon (Macron nel marzo scorso aveva scelto il Gabon come prima tappa dell’ultimo viaggio in Africa). Sul fronte opposto, a destra, Marine Le Pen parla di «pietosi avvenimenti» e mette in causa la «coerenza della politica francese in Africa», sognando un ritorno al passato.

* Fonte/autore: Anna Maria Merlo, il manifesto

 

ph by Abdurrahman AbdulMoneim, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

 



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