LA POLITICA DELL’ODIO

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Il sollievo per il ritorno di valori politici e civili come la democrazia, la fine di una menzogna, di un’impostura propagandistica per cui democrazia e politica erano soggette a un equivoco pesante per cui alle stesse istituzioni noi e loro attribuivamo significati diversi. Noi la politica per preparare, progettare il futuro civile, loro per fare affari, per accrescere i loro poteri, per imporre le censure e finanziare l’applauso. La democrazia è un sistema che consente la felicità , non tanto quella dell’abbondanza dei beni, quanto quella della libertà  di partecipare. Il sistema in cui ognuno ha la possibilità  di manifestare, di contribuire, di correggere. Dunque una grande liberazione, la sensazione di respirare meglio, di non temere controlli e punizioni per le proprie idee. 
La felice sensazione di libertà  è venuta dalla prima parte della campagna elettorale, che ha punito i fanatici e violenti, come la dissennata asprezza voluta da Berlusconi contro gli avversari. Esempio l’attacco al rivale Pisapia sul tema del comunismo, come se bastasse ancora una volta la parola comunista a spaventare i buoni cittadini moderati. Come se questi cittadini fossero privi di ogni cultura storica e avessero del comunismo un’idea immutabile, vale a dire l’idea dello stalinismo, cioè di una dittatura feroce che aveva il compito storico di difendere il socialismo in un solo paese dagli attacchi del capitalismo. Difesa che arrivò al punto di rifiutare il piano Marshall, in un paese povero come la Russia, per non mettere in discussione i principi del socialismo. Berlusconi ha pensato che le chiusure ideologiche fossero ancora decisive, che bastasse accusare un riformista come Pisapia di comunismo per convincere gli elettori a sentire puzza e di gulag e di polizia segreta. La rudimentale arma dell’anticomunismo aveva funzionato per anni. Perché non avrebbe dovuto funzionare anche ora? Perché, e Berlusconi non l’ha capito, anche la pubblica opinione è cambiata, i faziosi e i fanatici devono accettare l’uso della ragione. 
Anche i tifosi del Milan, fedeli di Berlusconi, possono avere una giusta idea di quello che oggi significa la parola comunismo, cioè un sistema economico e politico sopravvissuto solo in alcune parti dell’Asia, e anche lì notevolmente cambiato. Berlusconi ha fatto lo sbaglio di ricorrere al vecchio anticomunismo usando la Santanché e alcuni giornalisti dei quotidiani di famiglia che hanno gridato al nemico senza più essere creduti. È difficile oggi essere dei berlusconiani, riempire i grandi spazi informativi conquistati dal padrone. Non serve neppure l’uso della fede sportiva e dell’identificazione dei tifosi nella squadra del padrone. Le televisioni possono riprendere il ragazzo tifoso che grida con passione “per me il Milan è tutto”, ma non è così: il Milan è un sodalizio giovanile sportivo, non la politica, non il progetto di una nuova società . Dicono i sostenitori di Berlusconi: ma di che vi lamentate? Non avete avuto in tutti questi anni benessere e libertà ? Non avete potuto dire e pensare ciò che volevate? Non è andata esattamente così: in questi anni di pace e di benessere economico non abbiamo avuto in pieno la libertà  e la giustizia, che sono la sostanza della democrazia. La democrazia è la giustizia e la partecipazione di tutti alla gestione della società , ma sono beni che vanno vigilati e difesi dalla ricerca degli interessi privati, dal desiderio permanente di sfuggire ai controlli democratici. E questa vigilanza mancata, questo lasciar passare tutto al nemico autoritario stanno facendo il loro triste effetto, tutte le occasioni di far crescere l’odio e il sospetto per la democrazia venivano colte, a cominciare da una corruzione che il governo del paese consentiva senza quasi limiti e non preveniva, salvo far finta di combatterla a cose fatte e incorreggibili. Spesso questi ritorni al fascismo apparivano velleitari, spesso ridicoli, ma nella vita spesso la quantità  prevale sulla qualità . La richiesta, per dire, di parificare i combattenti partigiani ai fascisti di Salò, fedeli sino all’ultimo all’alleanza con il nazismo, era una richiesta che significava un via libera al ritorno dell’autoritarismo e a una fine della vigilanza. A Milano, paradigma dell’Italia di Berlusconi, Pisapia ha vinto per ora solo il primo round contro Letizia Moratti, ma quello che è già  certo è che il responso elettorale ha fugato i sospetti e le nubi di un cedimento democratico nel Paese. 


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