Conflitto di classe in camera da letto

Loading

Ci sono tutti gli elementi essenziali del repertorio melodrammatico in The Housemaid di Im Sang-soo, regista di punta della “nouvelle vague” coreana assieme a Kim Ki-duk e Park Chan-wook (già  arrivato in Italia con un altro film ad alto tasso erotico: La moglie dell’avvocato). Ovvero l’amore impossibile, il conflitto tra classi sociali diverse, un luogo fisico centrale per lo svolgimento dell’azione, uno stile. Contro le abitudini del regista, che preferisce i soggetti inediti, si tratta del remake di un film del 1960, Hanyo, celebre in Corea e che ha profondamente influenzato la sua generazione.

Una giovane divorziata è assunta come cameriera in una casa di ricchi, già  genitori di una bambina e in attesa di due gemelli. Belloccio e arrogante, il padrone ne fa la sua amante. Quando si scopre che anche lei è incinta, la suocera “upper class” dell’uomo tenta in ogni modo di farle perdere il bambino “di troppo”. Con presenze più sommesse, sono in scena altri due personaggi femminili: una vecchia governante inaridita dalla rassegnazione, stupita per la capacità  della giovane cameriera di assumere il proprio destino, e la bambina dei padroni, che osserva quanto avviene nel mondo dei “grandi”.
Se il potere distruttivo della sessualità  è da sempre il nocciolo duro del mélo, il cineasta preme con insolita consapevolezza sul tasto dei rapporti di potere e sulla prevaricazione che i “ricchi più ricchi” – direbbe Bauman – esercitano sui “poveri più poveri”, giocandosi aforismi in bocca ai potenti della terra («sono i poveracci che possono avere un solo figlio») e mostrando come la loro rapacità  vada di pari passo con le asfissianti convenzioni che li tengono imprigionati. Ancora una volta il predominio si esercita sul corpo femminile: quello della bella e sensuale Jeon Do-joun (già  migliore attrice a Cannes per Secret Sunshine), interprete di una serva più in sintonia con i propri sentimenti, più libera e coraggiosa dei padroni, che decide di tenersi il bebé malgrado tutte le pressioni cui è sottoposta.
Se al film si può imputare un difetto, tra i non pochi pregi, è proprio l’intenzione fin troppo dimostrativa. La casa dei padroni è lussuosa come un castello e protetta quanto un fortino; il maschio vi domina come un signore antico, tra i calici di vino ricercato e la musica di Beethoven. In questo scenario, pian piano, i fatti prendono l’andamento di una storia di fantasmi che, tra la governante silenziosa e l’epilogo fiammeggiante in aperto flirt col cinema orrorifico, evoca l’Alfred Hitchcock di Rebecca la prima moglie. Qualcuno ha rimproverato al film, elegantemente impaginato e traversato da tentazioni estetizzanti nelle scene di sesso, di posare su personaggi e ambienti uno sguardo gelido, privo di emozioni. Anche questa, però, è una delle strategie classiche del melodramma nella sua versione più raffinata, in antitesi al gusto “popolare” delle fiction televisive.


Related Articles

IL CAPITALISTA RILUTTANTE

Loading

IL SOGNO DELLA RICCHEZZA NELL’ASIA GLOBALIZZATA
Il nuovo romanzo di Mohsin Hamid è la storia di un giovane arrampicatore senza scrupoli Un Grande Gatsby d’Oriente per raccontare luci e ombre di un continente in perenne trasformazione

Marx al tempo della crisi, sguardi plurali sul presente

Loading

Il filosofo di Treviri nell’era del capitalismo globale in un libro edito da ombre corte I lavoratori della conoscenza e i «prosumer», analisi di figure in via di trasformazione I problemi provocati dallo sviluppo dei nuovi modi di produzione, indagati in un’ottica marxiana

Una semantica della generosità

Loading

«Prenditi cura» di Letizia Paolozzi, per le edizioni et al

Quante sono le parole di cui possiamo e forse dobbiamo riappropriarci, ripulendone e decostruendone i significati dominanti? La cura, per esempio, è una di queste.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment