Pochi posti di lavoro, cresce il tasso di disoccupazione

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Due giorni fa sull’economia Usa era arrivata la doccia fredda di un comunicato di Moody’s con il quale faceva sapere al governo che se non fosse stato raggiunto un accordo parlamentare per la riduzione del deficit di bilancio, il rating del paese sarebbe stato ridotto. Ieri invece la gelata è arrivata dai dati sull’occupazione nel mese di maggio: sono stati creati 54 mila posti di lavoro, ma il tasso di disoccupazione è risalito al 9,1% dal 9,0% di aprile.
Il numero di posti di lavoro creati in maggio è il più basso in quasi un anno e per di più il Dipartimento al lavoro ha rivisto al ribasso complessivamente di 39.000 unità  i dati relativi ai due mesi precedenti, che si attestano dunque ora a 232.000 per aprile e a 194.000 per marzo. Il totale degli americani in età  da lavoro che rimangono senza un impiego è ora vicino ai 14 milioni. da notare che il settore privato ha aggiunto solo 83.000 posizioni (peggior performance da maggio 2010) mentre il settore federale ha ridotto la propria forza lavoro di 29.000 unità . Si è allungata così a sette la striscia consecutiva di mesi in cui si è ridotto il numero dei dipendenti del comparto pubblico.
Che l’occupazione in maggio non avrebbe avuto un andamento brillante era stato anticipato giovedì dai dati sulle 422 mila richieste iniziali settimanali di sussidi di disoccupazione. Insomma, l’economia statunitense sta perdendo slancio, come confermano i dati del Pil nel primo trimestre e anche quelli sugli ordinativi dell’industria, scesi dell’1,6% in aprile. Tuttavia la Fed non sembra avere fretta nel rispondere al rallentamento, anche se sui mercati si diffondo rumors su nuovi aiuti da parte della banca centrale. La Fed – come riporta il «Wall Street Journal» – ha acquistato già  2.000 miliardi di dollari di titoli legati ai mutui e di titoli del Tesoro, con l’obiettivo di mantenere i tassi bassi. Il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha segnalato lo scorso aprile che un ulteriore allentamento monetario è difficile e la Fed non sembra essere tornata sui propri passi. Il piano di acquisti di titoli di stato da 600 miliardi di dollari scadrà  alla fine di giugno. Negli ultimi giorni il presidente della Fed di St. Lousi, James Bullard, ha detto che la Fed stava entrando in un periodo in cui non avrebbe tentato di spingere i tassi nè in alto né in basso, segnalando una pausa nella politica aggressiva di sostegno all’economia della banca centrale. Il presidente della Fed di Chicago, Charles Evans, gli ha fatto eco mettendo in evidenza che quanto fatto finora dalla Fed è «sufficiente».
Tornando alla minaccia di Moody’s che reclama dal Congresso «un accordo credibile che porti all’innalzamento del tetto del debito con una riduzione del deficit» da realizzare «nelle prossime settimane». Lo scorso 31 maggio la Camera, controllata dai Repubblicani, ha. infatti, bocciato la proposta di alzare il tetto del debito senza un contemporaneo accordo con l’amministrazione su significativi tagli di spesa. Per l’agenzia «il rischio di un default è molto piccolo ma in crescita», e quindi un «accordo credibile» sulla riduzione del deficit manterrebbe l’outlook stabile.


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