Romano, mozioni di sfiducia da Idv e Fli

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PALERMO – Le richieste di dimissioni per il ministro indagato per mafia si trasformano in due mozioni di sfiducia: Italia dei Valori e Fli presentano due distinti atti alla Camera contro Saverio Romano, l’esponente dei Responsabili per il quale la procura di Palermo, mercoledì, ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Romano, titolare del dicastero delle Politiche agricole, resiste e chiede di essere ascoltato dalla commissione antimafia. Dice di non volersi piegare «a una rappresentazione della realtà  che lo vuole colluso con Cosa nostra» e si oppone alla bufera esplosa all’interno del governo alle prese con una sempre più grave questione morale.
Proprio nel giorno in cui si apre lo scontro sul 41 bis. L’opposizione attacca Palazzo Chigi su un possibile alleggerimento del carcere duro, proposto in una relazione del dipartimento affari giudiziari della Presidenza del consiglio. «Sbagliato e pericoloso», dice il responsabile giustizia del Pd Andrea Orlando. «Sul 41 bis non torneremo mai indietro», garantisce Maurizio Gasparri (Pdl).
È il caso Romano a tenere accese le polveri. In mattinata Antonio Di Pietro, nell’annunciare la sfiducia individuale a Romano, chiede che venga discussa già  la prossima settimana. E aggiunge che «Italia dei Valori non parteciperà  più ai lavori d’aula, dopo il varo della manovra, finché il documento non sarà  messo ai voti». C’è però una questione di numeri: per depositare la mozione serve la sottoscrizione di 63 parlamentari e non a caso il capogruppo alla Camera del Pd Dario Franceschini sottolinea subito dopo «l’indispensabilità  delle firme dei democratici». Franceschini precisa che il suo partito è disponibile «ad ogni iniziativa parlamentare» ma mette in guardia su mosse avventate che potrebbero compattare la maggioranza. In serata, però, anche Futuro e libertà  cala sul tavolo la carta di una mozione di sfiducia: «Romano è l’unico ministro al mondo che è indagato per mafia e vuole restare al governo», dice il vicepresidente di Fli Italo Bocchino. E Fabio Granata preannuncia che i finiani oggi «chiederanno all’intero Terzo polo il sostegno alla sfiducia». «Dopo le riserve espresse al momento della nomina del ministro, cosa farà  adesso il Colle?», chiede Carmelo Briguglio. Romano, circondato da una maggioranza in cui spicca il silenzio della Lega, non molla. Gli attacchi, aveva detto, sono figli della decisione di puntellare il governo Berlusconi. «Ognuno si difende come crede – commenta il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia – ma quello di buttarla in politica è ormai un sistema».


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Mezzo passo in avanti e due indietro, così si potrebbero commentare le dichiarazioni del ministro-ammiraglio Di Paola alle commissioni Difesa di camera e senato. Il mezzo passo in avanti è l’annuncio della riduzione delle Forze Armate di 30mila unità  (dalle attuali 183mila).

CON DI STEFANO PER AZZERARE IL FORMIGONISMO

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LOMBARDIA. In Lombardia l’unica certezza è che Formigoni è finito, ma quanto al formigonismo, vabbè, è tutta un’altra storia. 17 anni sono infatti un tempo lunghissimo, che non solo annebbia la mente degli uomini, ma soprattutto sedimenta un sistema di potere pervasivo e un intreccio di interessi e complicità  allargato, dove pubblico e privato, lecito ed illecito si confondono strutturalmente. 

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